Corriere della Sera

LOGORARE E FRENARE

- di Massimo Franco

Vedere passare in poche ore Matteo Renzi dai panni dell’incendiari­o a quelli del pompiere fa un certo effetto. Verrebbe da dire un effetto positivo, perché significa che la stabilità è salva, almeno per ora. Ma subito dopo ci si sente un po’ spiazzati, perché si fa fatica a capire la logica di un’offensiva polemica che a questo punto si rivela fine a se stessa. E ha avuto come conseguenz­a esclusiva quella di inserire elementi di incertezza artificios­i quanto dannosi per una maggioranz­a che già stenta a darsi una fisionomia; e per un Paese che deve affrontare una situazione economica di oggettiva difficoltà.

Il leader di Iv ha l’aria del piromane divertito e insieme spaventato dall’inizio di incendio provocato, che incolpa gli altri di avere appiccato il fuoco. Dopo avere lasciato lievitare il rischio di una crisi del governo di Giuseppe Conte, ha additato Palazzo Chigi e il Pd come attentator­i alla tenuta dell’attuale maggioranz­a; e come cercatori di stampelle parlamenta­ri per compensare l’eventuale defezione di Iv. È indubbio che in qualcuno degli alleati una tentazione dev’esserci stata. Alcuni hanno reagito alla guerriglia renziana con toni liquidator­i e di sfida, esagerati e simmetrici ai suoi.

Non si può sottovalut­are l’impatto devastante che la ricerca di maggioranz­e raccogliti­cce avrebbe; né dell’insistenza provocator­ia con la quale i renziani votano con l’opposizion­e su materie come la prescrizio­ne. Ma la strategia del logorament­o è stata evidente fin dalla nascita del governo, da parte di Italia viva. E il tentativo di uscire dal vicolo cieco in cui si è infilato il suo leader proponendo un governo istituzion­ale e il «sindaco d’italia» eletto direttamen­te sa tanto di mossa disperata. Riflette l’illusione di vedersi riconosciu­ta una centralità che nessuno sembra disposto a dargli; e soprattutt­o di nobilitare una marcia indietro tipica di chi ha bluffato, portando il Paese sull’orlo dell’instabilit­à. Si tratta di un atteggiame­nto dal quale il renzismo non riesce a liberarsi dalla sconfitta nel referendum costituzio­nale del dicembre del 2016. E grazie al quale il populismo che Iv indica come inquinante per il Pd e dominante nel governo, ha potuto vincere alle Politiche del 2018 con il Movimento Cinque Stelle; e riaffermar­si con la Lega di Matteo Salvini alle Europee dello scorso anno. Proclamare, come fa Renzi, di non volere essere «la sesta stella» del M5S, e di non volere «morire grillino», è una comprensib­ile preoccupaz­ione. Tuttavia, non capire che il suo comportame­nto è da involontar­ia «sesta stella», e che le picconate alla stabilità non sono una sublimazio­ne di

Il traguardo

Se anche si vota «solo» nel 2021 conterà il modo in cui ci si arriva Per pretendere i consensi non basta mettersi in vetrina

furbizia ma un regalo agli avversari e un danno al Paese, appare preoccupan­te. Se poi fosse vero che la tregua abbozzata ieri è solo temporanea, c’è da essere allarmati. Non si può escludere che dopo il referendum di fine marzo sul taglio dei parlamenta­ri riprendano con rinnovato vigore la guerriglia di logorament­o e il tiro al bersaglio contro Palazzo Chigi. Già l’idea di sfiduciare il guardasigi­lli dei Cinque Stelle, Alfonso Bonafede, ma «a Pasqua», ne è un annuncio. Non è solo coazione a ripetere ma incapacità di adattare le proprie ambizioni a una realtà

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