Da Atene a Roma: «Ora il Regno Unito ci restituisca le opere d’arte»
Inserita in una clausola della bozza di divorzio
LONDRA L’hanno già chiamata la «clausola del Partenone»: l’unione Europea ha inserito un codicillo, nelle linee negoziali per la fase 2 della Brexit, che sembra condizionare il raggiungimento di un accordo con Londra alla restituzione delle opere d’arte custodite nei musei britannici, a partire dai marmi sottratti nell’ottocento dall’acropoli di Atene.
I governi europei stanno discutendo in questi giorni la posizione da tenere nelle trattative per un futuro accordo commerciale post-brexit tra la Gran Bretagna e la Ue. Il documento finale sarà pronto la prossima settimana, ma nella bozza è stato inscritto un passaggio — su richiesta della Grecia, ma dietro insistenza anche dell’italia, della Spagna e di Cipro — che recita: «Le parti dovranno affrontare le questioni relative alla restituzione ai Paesi di origine degli oggetti culturali rimossi illegalmente».
Le autorità di Atene hanno negato che il passaggio si riferisca direttamente ai marmi del Partenone, che vennero portati in Inghilterra fra il 1801 e il 1805 da Lord Elgin, o di aver posto la loro restituzione come condizione per il raggiungimento di un accordo commerciale con Londra. Ma è anche vero che il mese scorso la ministra greca della Cultura, Lina Mendoni, aveva detto di aspettarsi dopo la Brexit il sostegno dell’europa alla loro richiesta di riavere indietro le sculture dell’acropoli.
È più probabile che la clausola si riferisca alla necessità di maggiore cooperazione contro il contrabbando di opere d’arte, visto che Londra è una delle capitali del mercato nero per questo tipo di oggetti. Ma è evidente che è bastata solo evocarla per riaprire la questione dei capolavori custoditi nei musei britannici e giunti lì, come i marmi del Partenone, in circostanze non limpidissime.
Negli ultimi tempi sono stati soprattutto i Paesi africani a reclamare la restituzione di tesori sottratti in epoca coloniale: la questione ha suscitato un ampio dibattito in Gran Bretagna e diversi musei, incluso il British, hanno cominciato a rimandare indietro la «refurtiva» e a fare ammenda del loro passato imperialista.
Non tutti però sono d’accordo: c’è chi sostiene che quelle opere siano meglio conservate nei musei occidentali e rese così accessibili a un pubblico più vasto, che non potrebbe recarsi facilmente nei Paesi d’origine.
Proprio il British Museum, quasi a voler giustificare il possesso dei marmi del Partenone, aveva organizzato non molto tempo fa una mostra su Auguste Rodin, allo scopo di sostenere che il grande scultore francese si era potuto ispirare alle sculture greche grazie al fatto di averle potute ammirare a Londra, mentre gli sarebbe stato difficile fare lo stesso nell’atene di allora.
L’antefatto
La Grecia aveva chiesto il sostegno dell’ue per riavere indietro le sculture dell’acropoli