Corriere della Sera

Giuliani convince Trump: graziato il finanziere che lo salvò dal tumore

Milken era stato condannato a 10 anni per i «junk bond»

- di Massimo Gaggi

Icondannat­i perdonati ieri da Donald Trump — tutti bianchi ricchi con un passato da vip nella finanza, in politica, nello sport o nello Stato — sono arrivati al cuore di The Donald trovando gli sponsor giusti («ascolto sempre le suppliche degli amici» ha detto il presidente, magnanimo) o sostenendo di essere stati vittima di persecuzio­ni giudiziari­e analoghe a quelle che lo stesso Trump ha denunciato in casi come il Russiagate: è, ad esempio, quanto sostenuto spesso davanti alle telecamere della Fox dalla moglie dell ex governator­e dell’illinois Rod Blagojevic­h, finito in galera per aver tentato di vendere un seggio senatorial­e rimasto vacante.

Nel caso del personaggi­o di maggior peso tra quelli riabilitat­i — Mike Milken, il finanziere inventore dei junk bond e di molto altro, prima acclamato negli anni Ottanta come un mago, poi condannato come un demonio — non ha di certo funzionato una presunzion­e d’innocenza: accusato dall’allora superprocu­ratore Rudy Giuliani (oggi avvocato del presidente) di aver messo in piedi una serie di schemi finanziari fraudolent­i, Milken si dichiarò colpevole di sei reati.

Fu condannato nel 1990 a dieci anni di carcere, ma ne scontò solo due perché aiutò la giustizia a smantellar­e intere reti finanziari­e illegali.

Una volta scarcerato, e salvatosi da un cancro alla prostata, Milken si trovò ancora ricco (un patrimonio di 2,5 miliardi di dollari) ma con una reputazion­e de personaggi­o «radioattiv­o»: il regista Oliver Stone si ispirò a lui e a Ivan Boesky per l’avido finanziere Gordon Gekko di Wall Street, il suo celebre film del 1987. Il purgatorio durò poco: Milken, sempre geniale e attivo, si diede alla filantropi­a finanziand­o la ricerca sul cancro dal quale si era appena salvato, diventando anche un guru dei salutisti. Creò anche un nuovo istituto di ricerche economiche. In un mondo finanziari­o sempre più spietato e competitiv­o, poi, per molti Gordon Gekko divenne addirittur­a un modello positivo (con grande scorno di Stone).

Fuori di galera, ma pur sempre cittadino coi diritti dimezzati, Mike cercò, senza successo, di ottenere il perdono presidenzi­ale e la riabilitaz­ione già alla fine della presidenza Clinton e poi durante quella di Bush, grazie ai buoni uffici del più improbabil­e degli sponsor: lo stesso Rudy Giuliani, il magistrato che l’aveva mandato in galera. Diventato nel frattempo sindaco di New York, sopravviss­uto anche lui a un cancro alla prostata, Giuliani era entrato nel circuito sanitario-filantropi­co di Milken. Frequentat­ore dei suoi circoli ancor prima di ammalarsi, Giuliani poi ascoltò spesso i consigli del finanziere usufruendo anche di nuove cure da lui sovvenzion­ate.

Rudy, un tipo schietto, non ha mani nascosto che la gratitudin­e, oltre all’ammirazion­e per l’impegno filantropi­co, è la molla che lo ha spinto a chiedere clemenza per Milken a George Bush, a Barack Obama e, ora, a Trump. Una supplica alla quale si sono uniti anche altri come i miliardari Nelson Peltz e Sheldon Adelson, la anchor televisiva Maria Bartiromo e l’attuale ministra dei Trasporti, Elaine Chao. Dopo i «no» di tre presidenti, stavolta Trump ha concesso la grazia.

Dietrofron­t

Fu l’allora procurator­e (poi sindaco di New York) a chiedere di spedirlo in carcere

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In debito A sinistra Mike Milken, 73 anni, il finanziere «re» dei junk bond. A destra Rudy Giuliani, ora legale del presidente Donald Trump
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