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«Mio fratello è un Caino, ora si inginocchi e chieda scusa»
Euro
La sanzione amministrativa prevista per legge per gli autori delle bravate lungo i binari
«Adesso inginocchiati tu, Pino, mio Caino, fratello traditore. Inginocchiati davanti a Dio e agli uomini. Chiedi perdono. E pentiti raccontando tutto quello che hai visto e sentito tra i mafiosi. Svela i nomi e gli sporchi affari di chi ti sei ritrovato vicino, stando ad accuse che sono palate di fango sulle nostre vite...». Dopo una notte insonne, le gocce, il colloquio con uno psicologo, la pressione che balla e la testa che scoppia, ecco Rosaria Costa reagire contro il fratello finito in carcere perché associato ai boss dell’arenella e di Vergine Maria. Le borgate frequentate da bambina. Quel pezzo di Palermo da dove era fuggita via sposando a vent’anni Vito Schifani, uno degli agenti dilaniati nella strage di Capaci. Trent’anni dopo, nella sua nuova casa in Liguria, tutto avrebbe immaginato Rosaria, un figlio capitano della Guardia di Finanza, tranne di ritrovarsi col fratello in cella per associazione mafiosa.
Lei, che aveva lanciato ai boss il monito a pentirsi ripete lo stesso appello al fratello?
«Adesso è il turno di Caino. Di questo debosciato che non vedo da tempo, nemmeno quando corro a
Protagonista Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani
Palermo per assistere mia madre, pronta per morire se qualcuno le raccontasse cosa sta accadendo. Come vorrei morire io. Travolta dalla vergogna. Ma forse un modo per uscirne, per tenere ancora la testa alta c’è. E dipende da Caino...».
Che cosa vuole fargli sapere?
«Che per salvarsi, che per salvarci ora deve ammettere tutte le sue colpe, se ne ha. Accettare il giudizio degli uomini, non solo quello di Dio».
Tornava qualche volta in quelle due borgate?
«Mai. Ho rivisto forse due anni fa la casa di Pino, una stamberga malandata, vicino a un mare che potrebbe essere bellissimo come tutta la zona dove invece si soffoca perché l’aria della mafia arriva alla gola».
Aveva intuito qualcosa?
«Come avrei potuto capire e sapere tutto questo? Ignoro se sia vero. Per me Pino resta quel fratello che ho visto crescere con mille problemi. L’adolescenza di un bullizzato, sempre isolato. A tredici anni, non è più andato a scuola. E ha cominciato a cercare un lavoro, a fare il manovale, il muratore...».
E se suo fratello non dovesse accogliere l’invito a pentirsi?
«Allora lo ripudierei definitivamente. Ma non può restare in silenzio rovinando pure i suoi ragazzi».
(L’intervista integrale sul Corriere.it)