«Poteri e confini di Facebook Le nostre idee sulle regole»
La donna che guida le politiche globali del social network di Zuckerberg
M onika Bickert fa con le mani il gesto della bilancia, più volte durante la conversazione. Mima il delicato equilibrio fra tutela della libertà d’espressione e salubrità del contesto, su cui Facebook si è accomodata in attesa che passi la tempesta. Anzi, in attesa di vedere dove la tempesta la porterà. «È una sfida costante», dice.
Dopo 11 anni nel Dipartimento di giustizia americano, Bickert è passata alla corte di Mark Zuckerberg nel 2012 ed è la numero uno globale delle policy di Facebook. È lei che ha firmato la serie di proposte (o meglio, la descrizione della strategia in gran parte già attuata da Menlo Park) che Mark Zuckerberg aveva sottobraccio lunedì a Bruxelles. Il
Commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton le ha definite insufficienti per quello che concerne le responsabilità della piattaforma. Anche Bickert conosce il punto (di non ritorno) in cui ci troviamo: Facebook vuole continuare a rimanere in equilibrio nella posizione che l’ha resa così ricca e potente, gestendo sostanzialmente in autonomia i contenuti che ospita, pur aprendo a una più ampia regolamentazione; mentre l’europa è pronta a responsabilizzare i colossi del digitale per quello che accade al loro interno, oltre che a chiedere loro di mettere a disposizione i dati, come accaduto ieri.
«Ci domandano perché abbiamo tutto questo potere, i governi ci chiedono perché abbiamo regole diverse dalle loro. Parte della risposta è che noi seguiamo le leggi e se un tribunale ci ordina di rimuovere un contenuto noi attiviamo un processo per rispondere. Ma non finisce qui. Ci sono aspettative su come scriviamo le nostre regole e le mettiamo in pratica e ci sono idee diverse su come dovremmo tracciare i confini. Ci aspettiamo che i regolatori abbiano un ruolo in questo».
Quando chiedete di non essere obbligati per legge a rimuovere un contenuto in un determinato lasso di tempo dite che è più importante concentrarsi sui post illeciti o di odio che sono virali. Non pensa che anche quelli visti da una ristretta cerchia di persone vadano trattati nello stesso modo e secondo le stesse regole?
«In generale sono d’accordo, il numero di visualizzazioni non è sempre il sistema di misurazione migliore, ma non vogliamo arrivare a una situazione in cui ci viene chiesto di rivedere tutte le segnalazioni degli utenti e prendere decisioni entro 24 ore o analizzare contenuti che difficilmente raggiungeranno molte persone. Vogliamo dare la priorità a quello che è magari stato condiviso solo un’ora prima ed è diventato virale incitando alla violenza».
Hanno fatto discutere anche le regole che avete adottato sui video manipolati (i cosiddetti deepfake): perché non bandire del tutto il formato, magari in un periodo delicato come quello preelettorale o in attesa di capire come gestirlo? Qui siamo nel vostro campo: quello della tecnologia.
«Interveniamo in vari modi sulla disinformazione: ci concertiamo sugli account falsi e abbiamo un programma di fact checking. Se le notizie false possono causare danni fisici procediamo con la rimozione (come per il coronavirus, ndr). Per i deepfake il discorso è diverso: si tratta di tecnologie molto sofisticate e di un fenomeno emergente, gli esperti ci dicono che sono soprattutto nel campo della pornografia, ma in quel caso violano le nostre regole, quindi non importa se sono falsi o meno. Stiamo imparando».
Ha parlato dei tribunali: secondo quello di Roma, Facebook non può escludere dalla sua piattaforma un attore del dibattito politico. Cosa ne pensa?
«Il discorso politico è una parte importante della libertà di espressione, ma c’è una questione di valori da rispettare. Abbiamo policy sull’incitamento all’odio e sulle organizzazioni pericolose. Ci sono casi che vanno considerati alla luce delle violazioni».
Avreste già dovuto nominare una commissione di vigilanza indipendente che supervisioni l’applicazione delle vostre regole, si occuperà anche di quesiti del genere?
«Dovremmo partire in estate e inizialmente solo con la revisione delle decisioni su post e foto, ma la commissione aiuterà a capire se e come dovremo cambiare regole».