Cholismo l’opposto del fair play
Ci sono allenatori che si preoccupano del campo e poi c’è Diego Simeone che si preoccupa del campo e di tutto il resto: vie d’accesso allo stadio, pubblico e raccattapalle. Il cholismo non è un modulo, un atteggiamento, è un insieme di cose, di dettagli messi uno in fila all’altro per portare a casa la vittoria, meglio se per 1-0. Simeone all’atletico Madrid è molto più di un allenatore, è il capopopolo, il capo ultrà, il generale che prepara agguati e atti di guerriglia. E tra i suoi «soldati» ci sono pure i raccattapalle. Il 23 aprile 2016 un raccattapalle spedì un pallone in campo interrompendo un contropiede del Malaga e, giustamente, Simeone — l’ispiratore — si prese tre giornate di squalifica. Martedì contro il Liverpool è impazzito quando un altro raccattapalle è stato troppo veloce a rifornire di pallone Alexander Arnold, che aspettava di battere un calcio d’angolo, e ha dato istruzioni di far sparire i palloni, visto che l’atletico vinceva 1-0. «Non so quanto abbia seguito della partita Simeone — ha detto Jürgen Klopp —, era sempre impegnato ad arringare il pubblico». Alla fine Simeone ha vinto, ha battuto i Reds (103 punti su 105 in Premier), ha regalato una notte di pura gioia ai suoi tifosi con il suo calcio sporco e cattivo. È il cholismo, più o meno l’opposto del fair play. A molti giustamente non piace. Ma tra i colchoneros nessuno si sogna di metterlo in discussione.