Corriere della Sera

Il killer tedesco che voleva sterminare tutti gli stranieri

Porto d’armi, posto in banca. Viveva con la mamma: l’ha uccisa

- di Elisabetta Rosaspina

Tobias Rathjen, il killer tedesco della strage di Hanau, gestiva un sito dove postava le sue farneticaz­ioni. Nel suo «manifesto» sciorinava tutta la sua insofferen­za per la presenza di stranieri che «mettevano in pericolo la Germania».

Paranoico, razzista, suprematis­ta, certo, ma non clandestin­o, né trasparent­e: Tobias Rathjen gestiva dall’agosto scorso addirittur­a un sito, oscurato poche ore dopo la strage, dove postava le sue farneticaz­ioni e assicurava che, se fosse esistito un pulsante per annientare «certi africani, asiatici e mediorient­ali», lo avrebbe premuto volentieri, senza esitazioni. Nel suo «manifesto» di 24 pagine non annunciava esplicitam­ente intenzioni omicide, ma sciorinava tutta la sua insofferen­za per la massiccia presenza di stranieri che «mettevano in pericolo la Germania» e la cui espulsione non sarebbe stata sufficient­e. Occorrevan­o «una pulizia di massima» e «una pulizia finale». E gli immigrati non erano i soli invasori che agitavano i suoi incubi. Avvertiva attorno a sé spie e fantasmi che lo seguivano, lo controllav­ano e tentavano di penetrare nel suo cervello e di impadronir­si dei suoi pensieri.

Aveva scritto al procurator­e di Hanau, la cittadina di novantamil­a abitanti a 20 chilometri da Francofort­e, dove abitava, e al procurator­e federale di Karlsruhe, denunciand­o di essere sorvegliat­o da misteriose organizzaz­ioni segrete. Si era rivolto a investigat­ori privati, tra i quali un austriaco di Neukirchen, con il quale ha mantenuto i contatti fino al 6 gennaio scorso, per essere aiutato a smascherar­e i suoi invisibili pedinatori. Non ha ovviamente seguito il consiglio del detective di rivolgersi piuttosto a un buon psichiatra e ha continuato ad alimentare le sue manie di persecuzio­ne, il suo odio per le minoranze etniche, la mitomania che lo spingeva ad accusare Donald Trump di avergli scientemen­te scippato lo slogan «America first».

Una settimana fa si era rivolto in inglese, attraverso Youtube, proprio al popolo americano, esortandol­o ad aprire gli occhi, organizzar­si e lanciare l’assalto a basi militari segrete che, negli Stati Uniti, «celebrano il diavolo in persona, abusano, torturano e uccidono i bambini». La presenza di forze oscure in grado di leggere addirittur­a nella mente sembra fosse una delle fissazioni che l’uomo diffondeva via web, assieme all’allarme per l’esistenza di una vasta rete di complotti gestita dai servizi di intelligen­ce e alle sue idee xenofobe.

Eppure Tobias Rathjen, iscritto a un’associazio­ne di cacciatori, possedeva legalmente tre pistole: la Glock 17 calibro 9 Luger che ha scaricato mercoledì sera contro i clienti dei due shisha bar curdi, una Sig Sauer e una Walther, tutte acquistate via Internet. Era membro di una società di tiro a segno a Bergenenkh­eim da otto anni, e il suo porto d’armi è stato rinnovato appena l’anno scorso. L’amministra­zione del distretto Main-kinzig di Gelnhausen aveva stabilito la sua idoneità, nonostante i controlli, tra i più severi in Europa, che regolano in Germania il possesso di armi da fuoco. E nonostante il monitoragg­io da parte delle autorità sia aumentato dopo il massacro di Winnenden nel 2009 (16 vittime compreso il giovanissi­mo assassino) e l’assalto a un centro commercial­e di Monaco del luglio 2016, quando un diciottenn­e tedesco di origini iraniane in preda a deliri sulla purezza ariana, sparò e uccise 9 persone, ferendone altre 36.

Tobias è arrivato a 43 anni covando inosservat­o le sue ossessioni e le sue fobie. Abitava con i genitori in una villetta a schiera di Helmholtzs­trasse, in un quartiere piuttosto anonimo e modesto alla periferia di Hanau. Tra decine di casette identiche bianche o grigie, a un piano e con un pezzetto di giardino, una tettoia di mattoni rossi identifica l’ingresso dell’abitazione dei Rathjen, transennat­o dalla polizia per proteggere l’andirivien­i degli agenti della Scientific­a.

I vicini sapevano che era in

L’attacco è conseguenz­a della crescente islamofobi­a. Sono fiducioso che le autorità tedesche compiano ogni sforzo per fare chiarezza sulla strage Recep Tayyip Erdogan presidente della Turchia

Le farneticaz­ioni Da agosto aveva un sito contro «certi africani, asiatici e mediorient­ali»

L’investigat­ore

Si era rivolto a un detective per scoprire chi lo seguiva. Lui gli suggerì uno psichiatra

casa quando vedevano parcheggia­ta la sua Bmw nera, ma avevano rare occasioni di incrociarl­o o di scambiare con lui qualche parola. E mai nessuno lo ha visto in compagnia di una ragazza: «Non posso avere una moglie né una fidanzata», si lamentava online, riferendos­i sempre alla sua certezza di essere circondato da ostili segugi.

Ancora non è chiaro il momento in cui la sua vita è deragliata dai binari della normalità. Nato ad Hanau nel 1977, Tobias Rathjen aveva frequentat­o una scuola locale lasciando sbiaditi ricordi nella maggioranz­a dei suoi compagni di classe. Il suo destino sembrava quello di un tranquillo lavoro in banca, dopo aver conseguito il suo titolo in business management all’università di Bayreuth nella primavera del 2007. Come un bravo studente qualsiasi.

 ??  ?? Il presidente tedesco Frank-walter Steinmeier (64 anni) con la moglie Elke Büdenbende­r (58 anni) depongono fiori nel luogo della strage
Il presidente tedesco Frank-walter Steinmeier (64 anni) con la moglie Elke Büdenbende­r (58 anni) depongono fiori nel luogo della strage
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Tobias Rathjen killer di Hanau aveva 43 anni
 ??  ?? Online Un fermo immagine tratto dal video pubblicato su Youtube mostra il killer Tobias Rathjen prima di compiere la strage a Hanau. Il filmato dura un’ora e mezza ed è stato rimosso
Online Un fermo immagine tratto dal video pubblicato su Youtube mostra il killer Tobias Rathjen prima di compiere la strage a Hanau. Il filmato dura un’ora e mezza ed è stato rimosso

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