Corriere della Sera

«Niente revoca, ora l’intesa»

Bertazzo (Atlantia): apriamo a nuovi soci La revoca creerebbe un default da 10 miliardi

- di Federico Fubini

Carlo Bertazzo, numero uno di Atlantia, dice al Corriere che serve «un’intesa su Autostrade con più investimen­ti e regole inflessibi­li». Un’eventuale revoca delle concession­i? «Sarebbe uno choc».

Ieri Giuseppe Conte è stato chiaro su Autostrade per l’italia (Aspi): «Se arrivasse dall’azienda una proposta nell’ambito della procedura per l’eventuale revoca della concession­e — ha detto il premier — il governo dovrà valutarla». Anche per questo Carlo Bertazzo, amministra­tore delegato di Atlantia, presenta la sua idea per un riassetto del rapporto fra la sua controllat­a Aspi e lo Stato dopo il crollo del ponte Morandi.

Lei capisce che secondo molti non vi state assumendo le vostre responsabi­lità?

«È inutile negare che sono stati commessi errori e Aspi sta pienamente collaboran­do con la Procura di Genova affinché ogni responsabi­lità venga individuat­a. Oggi abbiamo la piena consapevol­ezza che la rete autostrada­le ha bisogno di molti più investimen­ti e di molta più manutenzio­ne. Per questo a gennaio Aspi ha presentato un nuovo piano industrial­e con un forte incremento degli investimen­ti, per il rinnovamen­to e le manutenzio­ni. Vogliamo ricostruir­e un rapporto di fiducia con le istituzion­i e i cittadini: abbiamo il dovere di garantire autostrade sicure».

Il governo ha avviato la procedura di revoca. Davvero volete vedere se bluffa?

«Per noi è importante avere un Concedente implacabil­e. Senza voler negare gli errori di Aspi, lo Stato che affida un’infrastrut­tura a un privato deve anche regolare e vigilare rigorosame­nte. Qui c’è stata scarsa responsabi­lità da parte di tutti, ma credo che ora sia il momento di guardare al futuro. Noi intendiamo collaborar­e strettamen­te con il Concedente per trovare una soluzione nell’interesse pubblico».

Ora siamo al muro contro muro. Come se ne esce?

«Noi abbiamo proposto alle istituzion­i un progetto di sviluppo infrastrut­turale per il Paese, che implica però alcuni presuppost­i».

Dopo aver fatto cadere il ponte Morandi, cercate di dettare le condizioni?

«Non si tratta di questo, ma di rendere fattibile ciò che proponiamo. Quei presuppost­i sono essenziali. L’obiettivo è riconsegna­re allo Stato al termine della concession­e nel 2038 una rete autostrada­le di qualità, moderna e potenziata. Per questo, gli investimen­ti previsti sono stati aumentati del 40%, da 10,4 a 14,5 miliardi di euro al 2038. Sempre al 2038, la spesa per manutenzio­ne della rete passerà da oltre 200 a 370 milioni di euro l’anno: 7 miliardi in totale, di cui oltre due entro il 2023».

Aspi ha già 10,6 miliardi di debiti di cui 1,8 in scadenza tra il 2020 e il 2021, e siete già stati declassati a «junk». Dove prendete la liquidità?

La posizione di Conte Il premier: «Se dovesse arrivare una proposta, il governo avrà il dovere di valutarla»

«Non per nulla parlo di presuppost­i fondamenta­li. Il “milleproro­ghe” ha aumentato l’incertezza sulle regole e, a detta delle agenzie di rating, ha causato i nostri declassame­nti a “BB meno”. Quella modifica unilateral­e al contratto non può che rompere la fiducia degli investitor­i e bloccare gli investimen­ti in tutti i settori infrastrut­turali, non solo le autostrade. Riduce l’attrattivi­tà del Paese».

Che accade con la revoca?

«Sarebbe una catastrofe per tutti. Verrebbe distrutta un’azienda che ha fatto la storia dell’italia, con oltre settemila dipendenti e un piano d’investimen­ti di 14 miliardi. Se dovesse succedere, Aspi farebbe un default da dieci miliardi, con una forte perdita per le famiglie italiane, che detengono 750 milioni di euro di un’obbligazio­ne retail, per Cassa Depositi e Prestiti e la Banca Europea degli Investimen­ti che hanno 2 miliardi di euro, e per numerosi obbligazio­nisti italiani e internazio­nali. Sarebbe pesantemen­te colpita anche Atlantia, che garantisce cinque di questi dieci miliardi».

Sarebbe uno choc finanziari­o per l’intero Paese.

«Esatto. E per questo il presuppost­o di tutto è ridare chiarezza alle regole e far sì che Aspi possa recuperare un rating più solido, che le permetta di finanziars­i sui mercati per eseguire gli investimen­ti necessari. Possiamo ridefinire condizioni chiare anche sulla revoca. Siamo disposti anche a una riscrittur­a condivisa dell’articolo 9 della convenzion­e del 2007 (quello che prevedeva indennizzi da 23 miliardi, ndr). Abbiamo proposto di avere le stesse regole di altre grandi società come Terna».

Il vostro piano mette la rete in sicurezza?

«Qui ci dobbiamo mettere d’accordo. Sa che oggi non esistono standard univoci in Italia su cosa è la sicurezza? Li devono dare le autorità. Il settore ha bisogno che il regolatore fornisca standard di sicurezza precisi e misurabili, ad esempio su gallerie e viadotti. Quando quindici giorni fa abbiamo deciso di destinare 70 milioni per la verifica statica delle oltre 550 gallerie della rete Aspi ci siamo resi conto che non avevamo criteri nazionali

L’ad e la sicurezza «Mancano standard di sicurezza in Italia Sui tunnel usiamo quelli francesi»

da seguire. Abbiamo dovuto prendere le linee guida del governo francese. Una volta definite le regole, vogliamo che il Concedente sia inflessibi­le nel farle rispettare. Per questo abbiamo proposto una radicale revisione del sistema di penali con sanzioni severe in caso di ritardi».

Vede altri presuppost­i per un accordo con il governo?

«È necessario un equilibrio economico-finanziari­o, che consenta di finanziare il progetto di ammodernam­ento. Proponiamo investimen­ti per oltre 14 miliardi, dobbiamo mantenere i nostri impegni con i creditori e dev’esserci una normale remunerazi­one del capitale. Le tariffe discendono da questa esigenza di equilibrio e di bancabilit­à degli investimen­ti».

Nel governo si dice che vi sentite forti e protetti...

«Abbiamo mostrato costanteme­nte una volontà di dialogo e ci conforta la dichiarazi­one di Conte, un invito a proseguire in un confronto costruttiv­o. La priorità è condivider­e un progetto di ammodernam­ento e investimen­to che prolunghi la vita utile della rete, per preservare un’infrastrut­tura essenziale per il Paese. Una proposta articolata è già stata formalizza­to al governo e siamo in attesa di una risposta. Siamo anche pronti a favorire l’ingresso di soci terzi in Aspi, anche con quote di maggioranz­a, nel rispetto dei diritti degli attuali soci di minoranza e di procedure trasparent­i».

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Carlo Bertazzo, 54 anni, neo amministra­tore delegato di Atlantia, la holding che controlla Autostrade, Aeroporti di Roma, Telepass e ha il 50,1% del gestore Abertis
Al vertice Carlo Bertazzo, 54 anni, neo amministra­tore delegato di Atlantia, la holding che controlla Autostrade, Aeroporti di Roma, Telepass e ha il 50,1% del gestore Abertis

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