«Niente revoca, ora l’intesa»
Bertazzo (Atlantia): apriamo a nuovi soci La revoca creerebbe un default da 10 miliardi
Carlo Bertazzo, numero uno di Atlantia, dice al Corriere che serve «un’intesa su Autostrade con più investimenti e regole inflessibili». Un’eventuale revoca delle concessioni? «Sarebbe uno choc».
Ieri Giuseppe Conte è stato chiaro su Autostrade per l’italia (Aspi): «Se arrivasse dall’azienda una proposta nell’ambito della procedura per l’eventuale revoca della concessione — ha detto il premier — il governo dovrà valutarla». Anche per questo Carlo Bertazzo, amministratore delegato di Atlantia, presenta la sua idea per un riassetto del rapporto fra la sua controllata Aspi e lo Stato dopo il crollo del ponte Morandi.
Lei capisce che secondo molti non vi state assumendo le vostre responsabilità?
«È inutile negare che sono stati commessi errori e Aspi sta pienamente collaborando con la Procura di Genova affinché ogni responsabilità venga individuata. Oggi abbiamo la piena consapevolezza che la rete autostradale ha bisogno di molti più investimenti e di molta più manutenzione. Per questo a gennaio Aspi ha presentato un nuovo piano industriale con un forte incremento degli investimenti, per il rinnovamento e le manutenzioni. Vogliamo ricostruire un rapporto di fiducia con le istituzioni e i cittadini: abbiamo il dovere di garantire autostrade sicure».
Il governo ha avviato la procedura di revoca. Davvero volete vedere se bluffa?
«Per noi è importante avere un Concedente implacabile. Senza voler negare gli errori di Aspi, lo Stato che affida un’infrastruttura a un privato deve anche regolare e vigilare rigorosamente. Qui c’è stata scarsa responsabilità da parte di tutti, ma credo che ora sia il momento di guardare al futuro. Noi intendiamo collaborare strettamente con il Concedente per trovare una soluzione nell’interesse pubblico».
Ora siamo al muro contro muro. Come se ne esce?
«Noi abbiamo proposto alle istituzioni un progetto di sviluppo infrastrutturale per il Paese, che implica però alcuni presupposti».
Dopo aver fatto cadere il ponte Morandi, cercate di dettare le condizioni?
«Non si tratta di questo, ma di rendere fattibile ciò che proponiamo. Quei presupposti sono essenziali. L’obiettivo è riconsegnare allo Stato al termine della concessione nel 2038 una rete autostradale di qualità, moderna e potenziata. Per questo, gli investimenti previsti sono stati aumentati del 40%, da 10,4 a 14,5 miliardi di euro al 2038. Sempre al 2038, la spesa per manutenzione della rete passerà da oltre 200 a 370 milioni di euro l’anno: 7 miliardi in totale, di cui oltre due entro il 2023».
Aspi ha già 10,6 miliardi di debiti di cui 1,8 in scadenza tra il 2020 e il 2021, e siete già stati declassati a «junk». Dove prendete la liquidità?
La posizione di Conte Il premier: «Se dovesse arrivare una proposta, il governo avrà il dovere di valutarla»
«Non per nulla parlo di presupposti fondamentali. Il “milleproroghe” ha aumentato l’incertezza sulle regole e, a detta delle agenzie di rating, ha causato i nostri declassamenti a “BB meno”. Quella modifica unilaterale al contratto non può che rompere la fiducia degli investitori e bloccare gli investimenti in tutti i settori infrastrutturali, non solo le autostrade. Riduce l’attrattività del Paese».
Che accade con la revoca?
«Sarebbe una catastrofe per tutti. Verrebbe distrutta un’azienda che ha fatto la storia dell’italia, con oltre settemila dipendenti e un piano d’investimenti di 14 miliardi. Se dovesse succedere, Aspi farebbe un default da dieci miliardi, con una forte perdita per le famiglie italiane, che detengono 750 milioni di euro di un’obbligazione retail, per Cassa Depositi e Prestiti e la Banca Europea degli Investimenti che hanno 2 miliardi di euro, e per numerosi obbligazionisti italiani e internazionali. Sarebbe pesantemente colpita anche Atlantia, che garantisce cinque di questi dieci miliardi».
Sarebbe uno choc finanziario per l’intero Paese.
«Esatto. E per questo il presupposto di tutto è ridare chiarezza alle regole e far sì che Aspi possa recuperare un rating più solido, che le permetta di finanziarsi sui mercati per eseguire gli investimenti necessari. Possiamo ridefinire condizioni chiare anche sulla revoca. Siamo disposti anche a una riscrittura condivisa dell’articolo 9 della convenzione del 2007 (quello che prevedeva indennizzi da 23 miliardi, ndr). Abbiamo proposto di avere le stesse regole di altre grandi società come Terna».
Il vostro piano mette la rete in sicurezza?
«Qui ci dobbiamo mettere d’accordo. Sa che oggi non esistono standard univoci in Italia su cosa è la sicurezza? Li devono dare le autorità. Il settore ha bisogno che il regolatore fornisca standard di sicurezza precisi e misurabili, ad esempio su gallerie e viadotti. Quando quindici giorni fa abbiamo deciso di destinare 70 milioni per la verifica statica delle oltre 550 gallerie della rete Aspi ci siamo resi conto che non avevamo criteri nazionali
L’ad e la sicurezza «Mancano standard di sicurezza in Italia Sui tunnel usiamo quelli francesi»
da seguire. Abbiamo dovuto prendere le linee guida del governo francese. Una volta definite le regole, vogliamo che il Concedente sia inflessibile nel farle rispettare. Per questo abbiamo proposto una radicale revisione del sistema di penali con sanzioni severe in caso di ritardi».
Vede altri presupposti per un accordo con il governo?
«È necessario un equilibrio economico-finanziario, che consenta di finanziare il progetto di ammodernamento. Proponiamo investimenti per oltre 14 miliardi, dobbiamo mantenere i nostri impegni con i creditori e dev’esserci una normale remunerazione del capitale. Le tariffe discendono da questa esigenza di equilibrio e di bancabilità degli investimenti».
Nel governo si dice che vi sentite forti e protetti...
«Abbiamo mostrato costantemente una volontà di dialogo e ci conforta la dichiarazione di Conte, un invito a proseguire in un confronto costruttivo. La priorità è condividere un progetto di ammodernamento e investimento che prolunghi la vita utile della rete, per preservare un’infrastruttura essenziale per il Paese. Una proposta articolata è già stata formalizzato al governo e siamo in attesa di una risposta. Siamo anche pronti a favorire l’ingresso di soci terzi in Aspi, anche con quote di maggioranza, nel rispetto dei diritti degli attuali soci di minoranza e di procedure trasparenti».