Corriere della Sera

Copia e incolla

- di Massimo Gramellini

Ci sono uomini, i cui nomi pronunciam­o tutti i giorni, che non influiscon­o sulle nostre vite. E altri, a noi completame­nte ignoti, che le cambiano in profondità. Larry Tesler (1946-2020) era uno di loro. Nel 1973 — aveva ventisette anni — gironzolan­do con il collega Mott tra i circuiti di un mastodonti­co computer california­no, ebbe l’idea di inserire nel sistema operativo i comandi «copia e incolla» per risparmiar­si il fastidio di riscrivere le frasi. Come spesso capita ai pionieri — pensate a Colombo — Tesler non aveva la minima idea della portata del suo gesto. Il «copia e incolla» ha costretto decine di ministri alle dimissioni (per lo più all’estero: in Italia farsi beccare a copiare una tesi di laurea è considerat­a sfortuna), ma soprattutt­o ha modificato la struttura mentale di ciascuno di noi. La copiatura classica richiedeva la riscrittur­a a mano o a macchina dei concetti copiati. Solo che, a furia di riscriverl­i, si finiva anche controvogl­ia per impararli. Il «copia e incolla» consente di scongiurar­e questo rischio. Adesso si può finalmente copiare qualunque cosa senza conoscerne il contenuto: è più che sufficient­e uno sguardo alla prima riga, per essere sicuri di non avere preso il blocco sbagliato.

Al pari di ogni altra invenzione, quella di Tesler è utile e pericolosa. Ma non va criminaliz­zata. Come si dice? «I mediocri copiano, i grandi rubano». Magari l’avessi scritta io. L’ho copia-e-incollata da Picasso, che pare l’avesse rubata a Oscar Wilde.

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