Copia e incolla
Ci sono uomini, i cui nomi pronunciamo tutti i giorni, che non influiscono sulle nostre vite. E altri, a noi completamente ignoti, che le cambiano in profondità. Larry Tesler (1946-2020) era uno di loro. Nel 1973 — aveva ventisette anni — gironzolando con il collega Mott tra i circuiti di un mastodontico computer californiano, ebbe l’idea di inserire nel sistema operativo i comandi «copia e incolla» per risparmiarsi il fastidio di riscrivere le frasi. Come spesso capita ai pionieri — pensate a Colombo — Tesler non aveva la minima idea della portata del suo gesto. Il «copia e incolla» ha costretto decine di ministri alle dimissioni (per lo più all’estero: in Italia farsi beccare a copiare una tesi di laurea è considerata sfortuna), ma soprattutto ha modificato la struttura mentale di ciascuno di noi. La copiatura classica richiedeva la riscrittura a mano o a macchina dei concetti copiati. Solo che, a furia di riscriverli, si finiva anche controvoglia per impararli. Il «copia e incolla» consente di scongiurare questo rischio. Adesso si può finalmente copiare qualunque cosa senza conoscerne il contenuto: è più che sufficiente uno sguardo alla prima riga, per essere sicuri di non avere preso il blocco sbagliato.
Al pari di ogni altra invenzione, quella di Tesler è utile e pericolosa. Ma non va criminalizzata. Come si dice? «I mediocri copiano, i grandi rubano». Magari l’avessi scritta io. L’ho copia-e-incollata da Picasso, che pare l’avesse rubata a Oscar Wilde.