Corriere della Sera

«Il problema turco c’è Ma io ho lasciato Berlino per troppo razzismo»

Aykol è tornata a Istanbul: stufa di quel clima

- di Irene Soave

«Che la strage sia stata in Assia, un Land dell’ovest, è indice che la xenofobia cresce. Questo tipo di crimini era concentrat­o all’est, ma le ultime elezioni ci mostrano che sale ovunque». Il suo personaggi­o più noto è la libraia Kati Hirschel, tedesca a Istanbul protagonis­ta di una serie di poliziesch­i editi da Sellerio, come Tango a Istanbul (2012); tra Berlino e Istanbul la scrittrice Esmahan Aykol, nata in Turchia e di cittadinan­za tedesca, ha trascorso «14 anni, quasi tutta la vita adulta, finché sei anni fa ho detto basta. Ero stufa di questo clima. Accendi la tv e parlano di cosa fare dei migranti. Apri un giornale e parlano di cosa fare dei migranti. In Assia ho vissuto: a Wiesbaden. Zona conservatr­ice, tutta Cdu. Quando mi ci ero trasferita, era nei primi duemila, imperversa­va la campagna Kinder statt Inder: bambini anziché indiani, contro un’azienda che reclutava ingegneri dall’asia».

Il clima le pare peggiorato ancora?

«Non è mai stato aperto. In quegli stessi anni, per i poliziesch­i avevo studiato i cosiddetti Döner-morde, i delitti del kebab: omicidi di turchi in

Germania. Li faceva un gruppo terroristi­co non organizzat­o, ma è probabile che avessero ganci nei servizi segreti. E del resto in Germania lo Stato è una struttura così capillare che anche oggi mi stupisce che questi terroristi possano comprare armi e organizzar­si senza che nessuno li fermi».

Com’era la sua vita da turca a Berlino?

«Trasparent­e. Nel senso che non facevo parte della comunità turca, ma nemmeno avevo amici tedeschi. Vivevo a Prenzlauer Berg, una delle prime zone gentrifica­te della capitale, e ricordo concerti bellissimi, passeggiat­e, e anche una città accoglient­e».

Percepiva razzismo nei suoi confronti?

«Io sono bionda, alta, non porto il velo e parlo bene tedesco, anche se preferirei di no per non sentire tutto quel che sento. Con me l’approccio era normale. Ma quando parlavo e si sentiva l’accento, o dicevo il mio nome, Esmahan, scattavano gli eufemismi. “Bizzarro” .... Verso gli altri turchi c’è molto fastidio».

Sono integrati?

«Ci sono politici, avvocati, professori turchi. Ma la gran parte vive in famiglie conservatr­ici, non studia la lingua tedesca, si istruisce il minimo, non diventa mai parte della società. Le istituzion­i si sforzano, io non sono pessimista: in quarant’anni la Germania non avrà più un problema turco. Ma non siamo ancora a questo punto».

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Esmahan Aykol, 50 anni, giallista turca

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