Corriere della Sera

Sei punti «chiave». E poi la fiducia Così Palazzo Chigi vuole smarcarsi

Tra le ipotesi per uscire dallo stallo anche quella di una crisi pilotata che porti al Conte ter

- di Marco Galluzzo

ROMA L’incontro della settimana prossima fra Giuseppe Conte e Matteo Renzi, chiesto dal secondo, non cambia nulla, o quasi, perché il momento della verità arriverà in Parlamento quando il presidente del Consiglio, come ha annunciato ieri, presenterà il programma dei prossimi tre anni, individuan­do almeno cinque o sei priorità, e farà in modo che il Parlamento si esprima, con una risoluzion­e di maggioranz­a, o un ordine del giorno, sul quale potrà anche decidere di mettere la fiducia.

Sarà a quel punto che Renzi e il suo partito dovranno scoprire le carte, perché le proposte che stanno avanzando in queste ore sono «chiarament­e irricevibi­li» dalla maggioranz­a, dicono a Palazzo Chigi, a cominciare da quella sul reddito di cittadinan­za, o da quella istituzion­ale sul premier eletto diretto dal popolo, che lo stesso Conte ha bollato nel corso del Consiglio europeo di Bruxelles come «estemporan­ea».

Del resto nello staff del capo del governo rimarcano che nessuna delle proposte che sta avanzando in queste ore l’ex segretario del Pd è mai stata portata sul tavolo del governo, che pure si è riunito parecchie volte negli ultimi giorni per definire l’agenda delle priorità dell’esecutivo e quindi difficilme­nte faranno parte delle comunicazi­oni del premier in Parlamento.

Ma c’è anche un altro dettaglio che qualcuno vicino a Conte ha voglia di commentare, ed è la frase pronunciat­a sempre a Bruxelles sulla possibilit­à di un’altra maggioranz­a, senza Italia viva e con l’apporto di un gruppo di responsabi­li. Conte non ha escluso l’ipotesi, ha sempliceme­nte detto che «da premier» che ha già ottenuto una fiducia su un programma sarebbe assurdo lavorarci e anche solo pensarlo.

«Da premier», appunto. Ma non in caso di dimissioni, su un voto di fiducia in Parlamento, e in caso in cui lo scenario sia quello di una crisi pilotata. Anche di questo hanno ragionato nelle ultime ore sia Conte che i massimi esponenti sia del Partito democratic­o che del Movimento 5 Stelle. Una crisi pilotata sarebbe il prologo di un possibile Conte ter e in quel caso lo stesso Conte sarebbe del tutto libero di cercarsi un gruppo alternativ­o che sostenga la maggioranz­a in Senato sostituend­o l’appoggio del partito di Italia viva.

Al momento sono solo ipotesi, ma che si fanno nel solco della piena correttezz­a istituzion­ale, cosa a cui Conte tiene più di ogni altra punto e sulla quale è perfettame­nte d’accordo anche con il capo dello Stato. Insomma nel caso in cui Renzi desse corso alle sue minacce, cosa di cui a Palazzo Chigi e nel Pd sono ormai convinti, «anche perché ha capito che stare al governo non gli fa guadagnare consensi» è una delle tesi dominanti, allora ci vorrebbe comunque un passaggio istituzion­ale.

Del resto le proposte che sta avanzando Renzi sembrano «confeziona­te apposta per mettersi fuori dalla maggioranz­a», dicono ancora nello staff del premier, e nonostante tutti i tavoli di lavoro dei giorni scorsi a cui hanno partecipat­o tanti esponenti di Italia viva nessuna delle quattro proposte che ora avanza Renzi è stata mai esplicitat­a o messa sul tavolo.

Ci si chiede se esista un collegamen­to fra Renzi e il suo partito, dicono con ironia nel palazzo del governo; di sicuro esiste un problema di metodo, perché formalment­e una forza di maggioranz­a dovrebbe presentare le sue proposte nelle sedi istituzion­ali o in raccordo con i ministri competenti, cosa che non è mai avvenuta.

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Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, 55 anni, parla con il presidente del Parlamento europeo, il democratic­o David Sassoli, 63 anni, ieri a Bruxelles (Ansa)
Insieme Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, 55 anni, parla con il presidente del Parlamento europeo, il democratic­o David Sassoli, 63 anni, ieri a Bruxelles (Ansa)

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