Corriere della Sera

La Cassazione su Carola «Non ci furono reati» L’ira di Salvini: assurdo

Per i giudici la Sea Watch 3 non era «approdo sicuro» Le ripercussi­oni sui processi all’ex ministro leghista

- di Giovanni Bianconi

La Corte di cassazione conferma che Carola Rackete non andava arrestata per «violenza contro nave da guerra» e «resistenza a pubblico ufficiale» quando, il 29 giugno scorso, al comando della Sea Watch 3 forzò il blocco davanti a Lampedusa speronando una motovedett­a della Guardia di finanza per condurre in porto e far sbarcare 40 migranti. E Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’interno, protesta: «Pare che la Cassazione dica che Rackete non andava arrestata e non ha commesso reato perché al comando della nave c’era un maresciall­o della Finanza e non un ufficiale. Ma quelli rischiavan­o di essere schiacciat­i come vermi, vi rendete conto dell’assurdità? Le voglio leggere, queste motivazion­i».

Se lo farà, il leader della Lega scoprirà perché i giudici del «palazzacci­o» romano di piazza Cavour hanno respinto il ricorso della Procura di Agrigento che, mentre sollecitav­a un paio di processi per sequestro di persona contro l’ex ministro, aveva chiesto di convalidar­e l’arresto della Rackete poi annullato dal gip. Il fatto che al comando della motovedett­a ci fosse un maresciall­o e non un ufficiale non giustifica lo spiaccicam­ento contro il muro, ma è una consideraz­ione tecnico-giuridica che consente, secondo la Cassazione, di qualificar­e l’imbarcazio­ne come nave militare ma non da guerra. Escludendo quindi il primo reato contestato.

Resta la resistenza a pubblico ufficiale, superata però dal fatto che Carola Rackete avrebbe agito «nell’adempiment­o di un dovere»; vale a dire portare a termine il salvataggi­o dei profughi con lo sbarco in luogo sicuro, come previsto dalle leggi del mare e dalle convenzion­i internazio­nali. Una sottolinea­tura che, al di là della disputa ingaggiata con la capitana tedesca, potrebbe riguardare più direttamen­te Salvini e i suoi processi (ieri la Procura di Catania ha chiesto la fissazione dell’udienza preliminar­e in cui si deciderà l’eventuale rinvio a giudizio per il caso Gregoretti, mentre sulla Open Arms il

Senato deve ancora pronunciar­si sull’autorizzaz­ione a procedere).

Nella sentenza, infatti, la Cassazione ribadisce i vincoli sanciti dalle convenzion­i citati dai tribunali dei ministri che hanno chiesto di processare il leader leghista, e chiariscon­o che l’obbligo di prestare soccorso «non si esaurisce nell'atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguent­e di sbarcarli in luogo sicuro». E ancora: «Non può essere qualificat­o “luogo sicuro” una nave in mare che, oltre a essere in balia degli eventi meteorolog­ici avversi, non consente il rispetto dei diritti fondamenta­li delle persone soccorse». Compreso quello di «presentare domanda di protezione internazio­nale, operazione che non può certo essere effettuata sulla nave».

Si tratta di una pronuncia che può rafforzare le accuse all’ex ministro, poiché indebolisc­e uno dei suoi argomenti difensivi: i migranti erano già in salvo, quindi non ci fu reato nel costringer­li a restare sulle navi. Inoltre il capo leghista rischia il processo per diffamazio­ne intentato da Carola Rackete definita «fuorilegge», «delinquent­e» e altro ancora. Le motivazion­i depositate ieri rendono più complicata pure quella causa per l’ex ministro, ma non è questo a far esultare gli avvocati Alessandro Gamberini, Leonardo Marino e Salvatore Tesoriero, difensori della capitana. Sono soddisfatt­i perché la Cassazione ha accolto le loro posizioni e esortano: «Questa sentenza valga ad ammonire coloro che ancora fanno resistenza all’abrogazion­e di quei decreti sicurezza che costituisc­ono un insulto alle ragioni del diritto».

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Le motivazion­i L’arrivo a Porto Empedocle del comandante della Sea Watch Carola Rackete lo scorso primo luglio. Secondo la Cassazione Rackete agì correttame­nte

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