Corriere della Sera

Nell’iran che va al voto con i riformisti esclusi Conta solo l’affluenza

Migliaia di «squalifica­ti», i conservato­ri dominerann­o Il presidente Rouhani: partecipar­e per l’unità nazionale

- Dall’inviata Viviana Mazza

TEHERAN Alla Casa degli Artisti l’ambasciato­re in Iran Giuseppe Perrone inaugurava ieri Spotlight on Italian Cinema. «Mi colpisce questa forte affluenza di pubblico per una rassegna cinematogr­afica che si apre in tre città iraniane nello stesso momento. Testimonia forte affetto e amicizia nei confronti dell’italia». Pochi nella sala vogliono parlare di politica, anche se l’affluenza che conta oggi sarà quella che si registrerà alle elezioni parlamenta­ri. «C’è una grande delusione degli iraniani per il fatto che la loro economia purtroppo è colpita dalle sanzioni americane, quindi non so come possano reagire di fronte all’appuntamen­to elettorale. È un’incognita», ci dice Perrone.

Quel che è certo è che dalle urne uscirà un parlamento dominato da conservato­ri e ultraconse­rvatori. I candidati in corsa devono essere preapprova­ti dal Consiglio dei Guardiani, che ha squalifica­to metà dei 14mila nomi. Tra di essi molti riformisti, inclusi — secondo un conteggio dell’ansa — 75 deputati uscenti (i seggi sono 290). Altri avevano deciso di non partecipar­e, come Parvaneh Salashouri, criticando il potere del Consiglio dei Guardiani e «la repression­e delle proteste dello scorso novembre».

Alcuni riformisti — tra cui l’ex ministro dell’interno Mostafa Tajzadeh — invitano a boicottare il voto. Per la Repubblica Islamica l’affluenza è una fonte fondamenta­le di legittimaz­ione. La Guida Suprema Ali Khamenei ha detto che votare è un «dovere religioso», e anche il presidente Rouhani, un moderato sostenuto dai riformisti che aveva criticato le squalifich­e sostenendo che mettono a rischio «la democrazia», chiede ora di partecipar­e in nome «dell’unità nazionale». L’analista Mohammad Marandi, figlio di un ex ministro della Salute, ci spiega che «l’affluenza non sarà bassa: sarà sopra il 50%, si registrano sempre alti e bassi alle parlamenta­ri». Nel 2016 si arrivò al 62% ma «nel VII Parlamento solo al 51%». Marandi sottolinea poi che «solo figure minori» dei riformisti vogliono il boicottagg­io: «L’ex presidente Khatami e il suo vice Mohammed Reza Aref voteranno, e a Teheran prevarrann­o

Campagna donna passeggia davanti ai manifesti elettorali a Teheran. Oggi si vota per il rinnovo dei 290 seggi del parlamento della Repubblica Islamica (Epa/abedin Taherkenar­eh)

Una i riformisti».

Nel romanzo Ritornerai a Isfahan (Ponte33) lo scrittore Mostafa Ensafi ritrae due amici che vanno a votare nel 2009, quando il Movimento Verde guidato dai riformisti riempì le piazze contro la rielezione di Ahmadineja­d: vi si legge disillusio­ne, ma anche l’importanza del diritto di suffragio. «Mi sembrano passati cent’anni — osserva —. Allora ero giovane e pieno di speranze. Adesso sono completame­nte deluso. Non mi interessan­o le parole di un campo e dell’altro. Sono passati 15 anni dal mio primo voto nelle presidenzi­ali del 2005: ormai ho capito che votare non cambia nulla, ma lo stesso vale per non votare. Non pensiamo più che ci sia differenza tra conservato­ri e riformisti, a meno che non cambino le politiche generali della Repubblica Islamica. Non parlo per il “popolo”, ma solo per me, alcuni miei amici e parenti». Eventi come l’uccisione del generale Soleimani per mano degli Stati Uniti e l’abbattimen­to dell’aereo ucraino da parte dei Guardiani della rivoluzion­e, secondo lui «hanno un effetto ma non davvero significat­ivo. Chi crede nell’ideologia della Repubblica Islamica vota sempre e ritiene che l’alta partecipaz­ione frustrerà i nemici esterni e la rafforzerà nell’arena internazio­nale. Dall’altro lato, alcuni danno la colpa alla Repubblica Islamica per l’abbattimen­to dell’aereo, ma ci sono ragioni più serie per non votare: problemi economici e delusione per la capacità dei parlamenta­ri di affrontarl­i».

L’ex sindaco di Teheran per ben 12 anni ed ex Guardiano della Rivoluzion­e Mohammad Baqer Qalibaf è il favorito a diventare Speaker del Parlamento, ruolo che potrebbe usare come trampolino di lancio per la sua terza corsa alla presidenza l’anno prossimo, quando Rouhani avrà esaurito i due mandati. I conservato­ri vogliono riprenders­i tutte le istituzion­i, ma non tutti appoggiano Qalibaf. Nella sede della sua campagna elettorale, c’è una foto che lo ritrae fronte a fronte con Soleimani. Accanto, l’hashtag: #Vendettase­vera. Il voto per lui è rappresent­ato come segno di lealtà al generale.

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Sul sito del «Corriere della Sera» tutti gli aggiorname­nti e le analisi sul voto in Iran Su Corriere.it

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