Corriere della Sera

Cerciello, le traduzioni a un nuovo perito «Vanno rifatte tutte»

Dal video al cellulare, le altre anomalie nel fascicolo

- di Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

ROMA Sarà un nuovo perito, nominato dalla corte d’assise, a tradurre le intercetta­zioni dei colloqui in carcere tra Lee Finnegan Elder — il diciottenn­e americano accusato di aver ucciso con 11 coltellate il vicebrigad­iere Mario Cerciello Rega — e i suoi familiari. Sono stati gli avvocati Renato Borzone e Roberto Capra a scoprire che i dialoghi — registrati il 2 agosto nel carcere di Regina Coeli — sul racconto di quanto avvenne nella notte tra il 25 e il 26 luglio scorso erano stati modificati rispetto all’originale e che nell’informativ­a finale consegnata dagli investigat­ori dell’arma ai magistrati erano state omesse alcune parti fondamenta­li per la ricostruzi­one del delitto. Dunque, tutto da rifare. Anche per verificare altre «anomalie» emerse dall’esame del fascicolo processual­e.

La piazza diversa

È fondamenta­le accertare se Elder e l’amico Gabriel Christian Natale Hjorth fossero consapevol­i — come sostiene l’accusa — di trovarsi di fronte a due carabinier­i. O se invece, come hanno sempre dichiarato loro nei verbali e nelle intercetta­zioni, erano convinti che si trattasse di «un malvivente, un tipo mafioso». Anche perché Cerciello Rega e il collega Andrea Varriale erano vestiti in maglietta e bermuda, non avevano la pistola e secondo le verifiche effettuate sul borsello della vittima, neanche il tesserino e le manette. E proprio questo ha avvalorato la possibilit­à che in realtà fossero fuori servizio e siano intervenut­i per aiutare il mediatore dei pusher Sergio Brugiadell­i a recuperare lo zaino. A un certo punto del colloquio in carcere con il padre e un legale americano, Elder descrive quanto accaduto a Trastevere quando avevano comprato droga e si erano accorti di essere stati truffati. Parla di «tesserini» e «carabinier­i». Nella relazione consegnata ai magistrati si lascia intendere che si riferisca a quanto accaduto ore dopo nel quartiere Prati e dunque avesse capito che si trattava di militari. E viene omessa una parte lunga e dettagliat­a della sua ricostruzi­one, nonostante sia fondamenta­le per comprender­e l’esatta sequenza di quella notte.

Varriale e il cellulare

Un altro punto da chiarire riguarda le verifiche svolte sul ruolo di Varriale. Due giorni dopo l’omicidio il vicebrigad­iere che quella notte era con Cerciello Rega consegna ai colleghi — e poi ai magistrati — il video girato con il cellulare dell’interrogat­orio in caserma di Hjorth. Il ragazzo è bendato, ha le mani strette dietro la schiena con le manette. Varriale sostiene di averlo filmato per confrontar­e la sua voce con quella delle telefonate fatte a Brugiadell­i per chiedere i soldi al momento di restituire lo zaino. Una versione ritenuta non credibile: il suo collega che lo aveva bendato è stato indagato per abuso di autorità e dei mezzi di costrizion­e e dunque i magistrati ritengono che in quel modo volessero costringer­lo a confessare.

Varriale non è stato indagato per questo reato pur essendo presente e ora si scopre che il suo cellulare — che conteneva la prova dell’abuso — non è mai stato sequestrat­o. Dunque non è stato accertato se tra i video e le foto potessero esserci altri reperti utili all’inchiesta. «I magistrati — spiegano gli avvocati Francesco Petrelli e Fabio Alonzi — non hanno mai voluto interrogar­e Gabriel su quanto accadde nella caserma. Lo faremo noi davanti alla corte d’assise». Il processo è fissato per mercoledì. La battaglia tra accusa e difesa si giocherà sulla colpevolez­za dei due americani. Ma anche sul ruolo dei carabinier­i intervenut­i quella notte.

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A destra, Gabriel Christian Natale Hjorth e Finnegan Lee Elder
Indagati A destra, Gabriel Christian Natale Hjorth e Finnegan Lee Elder

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