Ubi Banca, il no dei soci industriali «Ostile e inaccettabile l’offerta Intesa»
Il patto dei bergamaschi (18%) prova a resistere. Lunedì si riuniscono i bresciani
I soci storici di Ubi alzano le barricate contro l’offerta lanciata da Intesa Sanpaolo: «Ostile, non concordata, non coerente con i valori impliciti di Ubi e dunque inaccettabile», l’hanno bocciata i soci riuniti nel Car, Comitato azionisti di riferimento. È il patto di consultazione composto dalle fondazioni Cr Cuneo (5,9%) e Banca Monte di Lombardia (3,95%) e da alcune famiglie imprenditoriali (Bombassei, Bosatelli, Andreoletti, Gussalli Beretta, Pilenga e Radici) che complessivamente raccoglie il 17,9% del capitale.
Il comitato di presidenza del Car composto dal presidente della Cr Cuneo, Giandomenico Genta, dall’avvocato Mario Cera e dal notaio Armando Santus si è riunito ieri mattina a Bergamo. Lunedì tocca agli altri due patti di soci Ubi: il «Patto dei mille», presieduto da Matteo Zanetti, di area bergamasca, che pesa per circa l’1,6%, e il «Sindacato azionisti», con soci di area bresciana — compresa la famiglia dell’ex presidente di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, e poi Lucchini, Folonari, Camadini, Rampinelli Rota — che vale l’8,37%.
Sebbene i tre patti pesino per il 28% circa, Ubi è in maggioranza dei fondi internazionali. Ed è a loro che guarda il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, confidando nel premio del 27% sul prezzo preannuncio. Ieri Messina ha ribadito che «ci sono zero probabilità di aumentare il prezzo dell’offerta». Intesa Sanpaolo offre 17 nuove azioni per ogni dieci di Ubi. Ieri i titoli sono arretrati rispettivamente del 2,5% e del 2,15%.
L’offerta tuttavia non è vista con favore dai soci locali. Dal punto di vista tecnico, ragionava ieri un banker al lavoro sul dossier, nel prezzo proposto da Intesa Sanpaolo non sarebbero valutate correttamente le sinergie derivanti dalla fusione, stimate in circa 700-800 milioni. Solo per ricomprendere questa componente servirebbe quantomeno un rilancio. Ma chiedere un aumento dell’offerta non è un tema, hanno detto ieri i soci pattisti. «Così com’è, l’ops è irricevibile», ha detto Genta. «C’è il patrimonio netto», ha aggiunto Cera, per valutare l’istituto guidato da Victor Massiah. Ma non ne fanno una questione di prezzo: «Ubi è una banca sana, stabile, redditizia, ben gestita per competenze, risorse umane, competitiva e riconosciuta» e ha un «ruolo centrale» nell’economia. Inoltre ritengono di dover tutelare «il loro investimento e la banca con i suoi territori di riferimento». «Tutelare», in quanto molti soci storici avrebbero azioni in carico a valori molto alti. Ma come resistere? I pattisti potrebbero prendere altre azioni ma non possono andare oltre la soglia d’opa del 25%. Potrebbero però non aderire all’opa per impedire a Intesa di arrivare al 66,7% di Ubi, che è il livello per controllare l’assemblea straordinaria e approvare la fusione. Ma Intesa ha già previsto la contromossa: la soglia minima perché l’ops sia valida è il 50% del capitale.