Disaronno, addio al re dell’amaretto (e del vino cinese)
Aveva i capelli bianchi e un largo sorriso, sempre affabile, «corpulento senza essere grasso». Si faceva servire quattro bicchieri del suo vino più noto, il Duca Enrico, primo Nero d’avola in purezza. I cinesi, per incensarlo, gli avevano dedicato persino un castello. Torri «italian style» e grande cantina. Augusto Reina, nato e cresciuto a Saronno, è scomparso mercoledì sera all’età di 79 anni. I cinesi, grazie a lui, producono ora seicento milioni di bottiglie all’anno destinate al loro mercato interno. Reina li aveva aiutati nel valutare l’acquisto di cantine (e vigneti) in Francia e in Spagna. Sondava per loro terreni (e marchi) in Cile e Australia. Coltivando il liquore, ora chiamato «Disaronno», creato dal nonno ed esportato dal padre col nome «Amaretto».
«La nostra è un’azienda familiare e italiana — scrisse lui stesso sul sito della società —. Consideriamo la proprietà dell’azienda non come un privilegio personale ma come una responsabilità per la trasmissione di un patrimonio di competenze e conoscenze che deve essere alimentato nel tempo». Una società che conta oltre 600 dipendenti e 30 società controllate non solo in Italia. Le origini dell’amaretto sembrerebbero affondare le sue radici nel 1500. Un elisir di erbe, zucchero, mandorle amare e brandy, offerto da una bella locandiera per ringraziare il pittore leonardesco Bernardino Luini. Reina era stato avvicinato più volte dalle banche d’affari per la quotazione in Borsa. Si era sempre rifiutato perché diceva di non aver bisogno di capitali. Le operazioni all’estero, quella cinese, con gli indiani di Modi e con gli irlandesi di Walsh Whiskey Distillery, le aveva finanziate tutte per cassa senza dover aspettare ritorni immediati. Era un lavoratore instancabile, aveva sempre vissuto a due passi dallo stabilimento di produzione a Saronno. Era solito premiare i suoi dipendenti con un viaggio all’anno spesato dall’azienda.