Pasini: la mia Confindustria? Crescita e patto per i giovani
Il candidato alla presidenza: «Il salario minimo non mi convince, sì alla nuova Ilva»
Nella corsa a tre per la presidenza di Confindustria Giuseppe Pasini è il candidato che non ti aspettavi. Si sapeva che Assolombarda sarebbe scesa in campo con il suo presidente, Carlo Bonomi. Ed era chiaro che qualcuno del consiglio di presidenza di Vincenzo Boccia si sarebbe fatto avanti, come ha poi fatto la vicepresidente con delega all’internazionalizzazione Licia Mattioli. Pasini è arrivato a sorpresa il giorno prima dell’assemblea di Assolombarda, alla Scala di Milano. E da allora ha portato avanti la sua campagna con bresciana concretezza. Bonomi ha già i voti sufficienti per essere ammesso al voto del Consiglio generale il prossimo 26 marzo, mentre Pasini e Mattioli si stanno giocando la partita sul campo. Oggi, per esempio, i candidati saranno in Liguria a illustrare i loro programmi.
I primi tre punti in agenda se diventasse presidente di
Chi è Giuseppe Pasini, 59 anni, bresciano, candidato alla presidenza di Confindustria
Confindustria?
«Chiedere modifiche al codice sulle crisi d’impresa: per come è scritto oggi comporterà una selva di costi in più per le pmi. La seconda: ”convincere” il governo a mobilitare subito risorse per la crescita. Infine, un patto per mettere al centro i giovani e la formazione, a partire dagli Istituti tecnici superiori».
Dopo Fca, Confindustria ha registrato altre uscite. Come invertire la tendenza?
«Vede, la grande impresa in questi anni si è allontanata da Confindustria. Credo che la chiave per il rilancio sia mettere a fattor comune l’esperienza delle grande imprese e la visibilità che hanno sui mercati internazionali. A vantaggio anche delle piccole e medie».
Basta?
«Credo anche che dobbiamo riscoprire l’orgoglio del nostro essere imprenditori. Come è avvenuto con le assise di Verona due anni fa. La mia Confindustria ripartirebbe con la presentazione di un progetto per il rilancio del Paese. Da non mollare e portare avanti con rigore».
A Boccia appena insediato venne contestato l’endorsement per il sì al referendum costituzionale. Lei come si porrebbe verso la politica?
«La lamentela fine a se stessa non è nel mio carattere. Ai tavoli si va con una visione di Paese. Una classe dirigente è tale solo se propositiva. Certo, alla plastic tax va detto no senza se e senza ma».
E a reddito di cittadinanza e Quota 100?
«Sapevamo che non potevano funzionare e infatti non hanno funzionato».
Chi metterebbe nella sua squadra?
«Persone competenti rispetto alle materie di cui si devono occupare».
Donne?
«Anche donne, certo. Per esempio vorrei una delega alla legalità e alla responsabilità sociale d’impresa e qui vedrei bene una donna».
Che ne dice della fusione Intesa Sanpaolo-ubi?
«Argomento delicato. La concentrazione è necessaria in un mondo globalizzato. D’altra parte le pmi temono di perdere il contatto diretto con
La corsa
● Il 26 marzo il Consiglio generale di Confindustria (178 votanti) designerà il presidente dell’organizzazione
● Tra i candidati Giuseppe Pasini, presidente degli industriali di Brescia, a capo del gruppo siderurgico Feralpi, 1,32 miliardi di fatturato la banca di territorio. Per questo affiderei la delega al credito proprio a chi rappresenta la piccola impresa».
Crisi industriali e multinazionali che se ne vanno: dove è l’impresa italiana, a partire dal caso Ilva?
«Sono convinto che la decisione del governo di andare verso a decarbonizzazione sia giusta. Con un grande combinat siderurgico nel Sud Italia c’è ancora possibilità di creare valore. Può diventare un modello vincente e sostenibile. E non è detto che le imprese nazionali non vi possano giocare un ruolo».
Salario minimo?
«Non mi convince».
Nel suo programma manca un capitolo sul Sud...
«Perché penso che siamo un unico Paese. Ovviamente ogni intervento va declinato in base ai bisogni. Ad esempio le infrastrutture vanno potenziate a partire dal Sud».