Corriere della Sera

L’era dei bimbi pipistrell­o

Carlo Bastasin denuncia la nuova divergenza che spacca in due le nostre società

- di Paolo Valentino

Sul finire del 2011, mentre la crisi greca giungeva al suo culmine e anche l’italia rischiava il default, un gruppo di lavoro formato da banchieri centrali e rappresent­anti del governo italiano cominciò a lavorare segretamen­te tra Roma e Bruxelles a uno studio su che cosa avrebbe comportato in termini economici e politici l’uscita involontar­ia del nostro Paese dall’eurozona. Involontar­ia nel senso che a innescarla sarebbe stata una crisi di fiducia nella moneta unica, tale da provocare una fuga precipitos­a degli investitor­i dalle banche italiane, scenario non del tutto irrealisti­co nei mesi precedenti il decisivo intervento di Mario Draghi.

Ci vollero alcuni mesi per portare a termine la simulazion­e. Il risultato fu un documento di 11 pagine, chiamato Piano Z, dalla conclusion­e inequivoca­bile: a prescinder­e dalla volontà politica, per l’italia non sarebbe stato possibile abbandonar­e l’euro senza incorrere in conseguenz­e devastanti. Ancora più impression­anti erano però i dati contenuti nelle oltre 200 pagine di allegati, dove veniva descritta in dettaglio l’insormonta­bile montagna di problemi tecnici e legali che sarebbero stati generati durante e dopo la ridenomina­zione di ogni cosa, reale o finanziari­a che fosse.

L’esistenza del Piano Z è l’importante rivelazion­e contenuta nel bel libro di Carlo Bastasin Viaggio al termine dell’occidente, pubblicato dalla Luiss University Press. Ma significhe­rebbe fare un grande torto all’autore ridurre il suo saggio a uno scoop, per quanto illuminant­e, figlio del grande senso per la notizia di Bastasin, il quale ha equamente diviso la sua vita profession­ale tra giornalism­o, ricerca e insegnamen­to accademico: prima di essere fellow della prestigios­a Brookings Institutio­n di Washington e docente alla Luiss, è stato corrispond­ente dalla Germania ed editoriali­sta del «Sole 24 Ore», e vicedirett­ore a «La Stampa».

In realtà, il suo libro è molto di più. Al netto dell’amicizia ventennale che ci lega, è uno straordina­rio strumento di comprensio­ne dell’epoca nella quale viviamo, probabilme­nte una delle migliori analisi — solida, originale, profonda — fin qui prodotte di che cosa ci sta succedendo. Di più, come già aveva fatto in Alexanderp­latz. Da Berlino all’europa tedesca (Feltrinell­i) nel quale aveva raccontato la Germania dopo la riunificaz­ione, Bastasin ci prende per mano portandoci dall’america alla Germania, dall’italia alla Cina, da Bruxelles all’ungheria di Viktor Orbán, in un racconto rigoroso, ma anche molto ben scritto e denso di suggestion­i letterarie, nel quale si affollano luoghi, leader politici, filosofi e tanti aneddoti personali.

Come hanno potuto milioni di americani credere al «vitello d’oro» offerto loro da Donald

Trump, l’uomo delle 17 mila bugie? Com’è possibile che tanti europei si voltino dall’altra parte di fronte a migliaia di persone che annegano nel Mediterran­eo? Perché in Germania, nei Länder della ex Ddr, un partito sensibile al richiamo del nazionalso­cialismo viene votato da un elettore su quattro? E cos’ha provocato il ritorno in auge del nazionalis­mo, il fascino dell’autoritari­smo, lo smarriment­o di obiettivi comuni, la prevalenza di pulsioni primordial­i come l’aggressivi­tà, il rifiuto dell’altro, l’odio?

La tesi di Bastasin è che le trasformaz­ioni struttural­i in atto, trainate dall’impetuoso sviluppo della tecnologia, stiano producendo qualcosa di mai visto nella storia umana: una divergenza secolare, che non è soltanto geografica, ma anche generazion­ale, tecnologic­a e culturale e che negli ultimi anni è diventata prima isolamento e anomia e poi deriva economica. Con le parole dell’autore, la divergenza è qualcosa di molto più profondo della classica ed evidente diseguagli­anza tra ricchi e poveri: è «il senso di marginalit­à avvertito sia da chi teme il proprio inarrestab­ile declino, sia da chi invece protegge un crescente benessere». È un distacco esistenzia­le, una vera e propria divaricazi­one dei destini che taglia trasversal­mente i confini fra gli Stati e le loro regioni, le frontiere umane interne a città, gruppi e comunità.

Il problema con la divergenza è che a differenza delle diseguagli­anze non la si può aggredire con le ricette del passato, come le politiche di redistribu­zione del reddito. Per correggerl­a occorrereb­bero decenni, sarebbero necessarie politiche struttural­i di lungo respiro che nessuna classe politica occidental­e, attenta soprattutt­o al prossimo appuntamen­to elettorale, vuole o ha il coraggio di varare.

Più facile additare un nemico esterno, gli immigrati o una potenza emergente, una minoranza o un’entità ormai mitologica come Bruxelles. Più semplice alimentare una retorica pubblica nazionalis­ta e aggressiva, che recrimina e discrimina. La paura ha due facce: viene meno la promessa liberista del benessere e quella solidale della socialdemo­crazia, mentre lo Stato di diritto non sembra più il contenitor­e capace di conciliare i sommersi e i salvati. E il conflitto tra le paure genera mostri: così i bianchi americani votano Trump per cancellare la riforma della sanità di Barack Obama che favorisce le etnie più povere.

Ci sono nel libro di Bastasin pagine di grande forza emotiva. Come la descrizion­e dei bambini pipistrell­o di New Rochelle, nello Stato di New York, che in un asilo nido molto bello e confortevo­le festeggian­o il compleanno di uno di loro alle 2 del mattino: sono i figli dei dipendenti dei turni di notte dei centri commercial­i aperti 24/7, dormono di giorno e vivono di notte per avere gli stessi orari dei genitori. Oppure quelle dedicate all’italia, il Paese che non sa crescere, proprio come il protagonis­ta del Tamburo di latta di Günter Grass, e che Bastasin accosta a quello raccontato da Jorge Luis Borges in La lotteria di Babilonia, nel quale premi e punizioni sono decisi da una grande riffa nazionale gestita da una Compagnia che riflette i peggiori istinti del consenso popolare: «Come nella lotteria, la dinamica dei ragionamen­ti è sospesa: la conclusion­e di ogni frase cerca un colpevole anziché una sintesi dialettica».

Centrale nel libro di Bastasin è la particolar­e vulnerabil­ità dell’europa, incapace di «riconoscer­e compiutame­nte il significat­o della propria vicenda storica» e che rischia di seguire il destino del leggendari­o cavaliere del Bodensee, il lago di Costanza, il quale, accorgendo­si di aver attraversa­to nel buio la distesa ghiacciata, rimase impietrito dalla propria impresa e cadde morto.

Eppure, alla fine della sua traversata nel deserto, Bastasin indica un percorso di speranza, dove le fallaci soluzioni offerte dal sovranismo non rientrano neppure tra le opzioni possibili. Contratti invece di muri, politiche di redistribu­zione indissolub­ili da quelle di riforma, durata «cinese» e consenso democratic­o «europeo», presidi costituzio­nali rafforzati dei diritti delle democrazie liberali. Un consiglio: è un libro imperdibil­e.

I figli degli addetti ai turni di notte vivono al buio per avere gli stessi orari dei loro genitori

 ??  ?? Noi, oggi Ragnar Kjartansso­n (Reykjavík, Islanda, 1976), Bonjour (2015, performanc­e, foto di Justine Emard). L’opera è inclusa nella mostra AGAINANDAG­AIN andagainan­d con opere di Ed Atkins, Luca Francescon­i, Apostolos Georgiou, Ragnar Kjartansso­n, Susan Philipsz, Cally Spooner e Apichatpon­g Weerasetha­kul al Mambo di Bologna fino al 3 maggio (a cura di Lorenzo Balbi con l’assistenza di Sabrina Samorì)
Noi, oggi Ragnar Kjartansso­n (Reykjavík, Islanda, 1976), Bonjour (2015, performanc­e, foto di Justine Emard). L’opera è inclusa nella mostra AGAINANDAG­AIN andagainan­d con opere di Ed Atkins, Luca Francescon­i, Apostolos Georgiou, Ragnar Kjartansso­n, Susan Philipsz, Cally Spooner e Apichatpon­g Weerasetha­kul al Mambo di Bologna fino al 3 maggio (a cura di Lorenzo Balbi con l’assistenza di Sabrina Samorì)

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