Jean Daniel, più di un giornalista
PARIGI «Jean, abbiamo saputo che Mitterrand prepara una misura che farà discutere». «Sì, me l’ha detto ieri». Oppure: «Jean, è in partenza per la Spagna?». «Forse, il re mi ha invitato, ma sono molto occupato, vedremo». Il protagonista di questi dialoghi, ricordati con grande affetto da Laurent Joffrin, è Jean Daniel, fondatore del «Nouvel Observateur» e monumento del giornalismo francese, morto mercoledì sera a 99 anni. «La Francia perde una coscienza, quella di uomini che fanno la Storia con la sola forza della loro penna», lo ha salutato il presidente Emmanuel Macron.
Nato il 21 luglio 1920 a Blida, nell’algeria allora francese, nel 1940 Jean Daniel Bensaïd aderisce immediatamente all’appello del generale De Gaulle che invita a rifiutare la collaborazione e a combattere i nazisti, e partecipa alla liberazione di Parigi. Poi studia filosofia alla Sorbona e nel 1947 fonda la rivista «Caliban» col sostegno dell’amico Albert Camus.
Nel ’54 i primi articoli per «L’express», e nel 1963 la notorietà internazionale: dopo la crisi della baia dei Porci, Jean Daniel intervista il presidente americano Kennedy alla Casa Bianca, e vola poi all’avana da Fidel Castro, con il quale passa una notte a discutere. Il giorno dopo è con lui sulla spiaggia di Varadero quando arriva la notizia dell’assassinio di Kennedy a Dallas, che rende vana la sua opera di mediazione per la pace. Nel 1964 Daniel fonda con l’industriale Claude Perdriel «Le Nouvel Observateur», che diventerà presto il primo settimanale francese, punto di riferimento per la sinistra post marxista.