Selfie e domande, il Guggenheim di Koolhaas
Il museo trasformato dalla mostra-progetto ideata dall’architetto olandese e realizzata con Lavazza
La svolta è apparsa subito evidente: un pubblico giovane, attento, pieno di domande da fare ma anche di soluzioni da proporre. E non a caso, in una delle prima sale, alle spalle di una grande tela in stile Frans Hals che raffigura un contadino attorniato dalle sue mucche «dal volto quasi umano», compare una parete affollata di domande ben più attuali su quello che potrebbe essere il futuro (non solo dell’uomo).
D’altra parte Rem Koolhaas (curatore dell’esposizione con Troy Conrad Therrien e Samir Bantal) l’ha più volte ribadito: «Questa non è una mostra d’arte, ma una mostra che vuole suscitare interrogativi e, se possibile, dare risposte». Concetto confermato anche da Francesca Lavazza (dal 2016 nel Board of Trustees della Solomon R. Guggenheim Foundation): «Crediamo nella diversità dei linguaggi, nell’arte ma anche nella tecnologia e soprattutto nei giovani, nella loro voglia di impegnarsi e di trovare soluzioni».
Così, fin dal primo giorno di apertura al pubblico, Countryside. The Future (realizzata proprio grazie al contributo di Lavazza) ha trasformato (fino al 14 agosto) la Rotunda del Guggenheim Museum di New York in un grande laboratorio affollato di persone, linguaggi, idee, temi e questioni (migrazioni, diseguaglianze, inquinamento, ecosostenibilità). Dove al centro di tutto ci sono le campagne, i territori rurali, insomma tutto quello che non è metropoli, considerati come «luogo per eccellenza del futuro».
L’effetto è sorprendente, con l’architettura di Frank Lloyd Wright letteralmente trasformata in un frullatore colorato: una balla di fieno sospesa nel vuoto, un robot con le sembianze di Stalin e un altro con i contorni di una divinità antica, il drone Cotsbot e Maria Antonietta, Cartesio e Mao.
Un progetto full immersion, che certo potrà fare discutere (proprio come vogliono i curatori), nato da uno strettissimo rapporto con le università (Harvard, Pechino, Wageningen, Nairobi) che ha coinvolto per 10 anni 3 mila studenti. Un progetto capace persino di giocare ironicamente con il grande trattore Deutzfactor all’ingresso del Guggenheim (già diventato fondale ambitissimo per fotografie e selfie) o con la serra psichedelica con i pomodori che si potranno praticamente mangiare in diretta.