La fabbrica si blocca, prova tampone a 160 dipendenti
Il giorno più lungo dello stabilimento Unilever di Casalpusterlengo inizia prima dell’alba e finisce a notte fonda, quando circa 160 lavoratori, trattenuti per controlli, possono finalmente tornare a casa, dove resteranno rinchiusi in attesa del responso del tampone. La notizia scuote la fabbrica quando non è ancora terminato il terzo turno, quello notturno: un collega è ricoverato in condizioni gravi, il coronavirus è arrivato. Subito un preoccupato tam tam vola da un cellulare all’altro, anche con la foto del collega ammalato. Ma nel frattempo arriva il primo segno concreto dell’emergenza: chiusa e bonificata la mensa, il principale punto d’incontro per la comunità di oltre 500 anime che fa funzionare giorno e notte lo stabilimento che produce detersivi. «Siamo innanzitutto in pena per il nostro collega, un ragazzo sempre cordiale», commenta Alessandro Nodemi, delegato sindacale interno. Fino alle 13, tuttavia, quando avviene l’incontro tra Rsu e dirigenti aziendali, mancano notizie ufficiali, le istruzioni su cosa fare. Al cambio di turno c’è chi corre verso il parcheggio per andare a rinchiudersi nel coprifuoco domestico e chi indugia prima di entrare: «Abbiamo paura, sì. Perché non fermarci in attesa di capire meglio? In fondo produciamo flaconi e detersivi, non si ferma il mondo... A casa ho quattro bambini, vorrei avere qualche certezza in più». L’attività verrà fermata un paio d’ore più tardi, «fino al turno pomeridiano di lunedì» riferiscono gli stessi lavoratori mentre varcano frettolosamente i tornelli. Ma non tutti possono tornare a casa: circa 160 dipendenti, quelli che avrebbero avuto maggiore prossimità e occasione di contatto con il collega infettato dal virus vengono trattenuti per un primo test. E a loro si aggiunge una decina di volontari e addetti al pronto soccorso, perché a loro volta reduci da un contatto ravvicinato con uno dei contagiati. Qualcuno si presenta spontaneamente per capire se deve essere controllato. Restano tutti in fila, pazientemente, davanti all’infermeria interna in attesa del proprio turno. Si procederà fino a notte. Dopo il tampone vengono mandati a casa con la raccomandazione di restarci. E soprattutto con l’ansia per il responso: «Hanno detto che ci faranno sapere tra sabato e domenica».