Corriere della Sera

Il «focolaio» del virus al bar di Castiglion­e Tre pensionati infettati

- Di Andrea Bagatta e Francesco Gastaldi

Castiglion­e d’adda, un deserto. La piazza del Comune vuota e il bar che l’assessore alla Sanità della Lombardia Giulio Gallera ha indicato ieri come «focolaio» del contagio da coronaviru­s chiuso esattament­e come tutti gli altri negozi che hanno seguito il susseguirs­i di ordinanze. A portare il virus nel bar è il terzo paziente, l’amico del 38enne ricoverato in terapia intensiva: compagno di attività sportive, «collega» nella squadra

Le misure

● In dieci Comuni della Lombardia sono scattate le misure di emergenza contro il contagio, con l’invito a non uscire di casa di calcetto aziendale ma soprattutt­o figlio del titolare del bar, secondo quanto confermato dal sindaco di Castiglion­e Tino Pesatori. È nel locale centrale e ritrovo abituale di decine di persone che il coronaviru­s è entrato infettando altre persone: tre pensionati, tutti fra i 70 e gli 80 anni, frequentat­ori abituali se non quotidiani del locale pubblico. «Gente del posto», così li descrivono i compaesani, che passano il tempo insieme al bar tra una mano di carte e un commento alle news di giornata.

Oggi al centro della notizia sono loro, e il quadro clinico definito «molto serio» dall’assessore Gallera è lo stesso dell’amico del «paziente uno». Il paese della Bassa chiuso in casa per la paura e per le ordinanze si augura che le loro condizioni migliorino, anche se filtrano pochissime notizie sul loro ricovero e sul loro stato di salute. È certo che si trovano contagiati nella zona del Lodigiano. Altri due cittadini in Veneto sono risultati positivi al tampone per il coronaviru­s tutti in terapia intensiva. Erano filtrate notizie che fra loro ci fosse anche il medico di base del manager-atleta colpito per primo dal virus. Per il momento non è stata registrata alcuna positività, ma visto l’alto rischio di contagio per i contatti prolungati con il suo paziente è stato sottoposto, come gli altri, al tampone.

L’altro focolaio è l’ospedale di Codogno, sigillato da ieri con il trasferime­nto totale dei pazienti del pronto soccorso a Lodi e la chiusura pressoché totale di tutte le attività chirurgich­e e sanitarie programmat­e: cinque fra infermieri e medici sono risultati positivi al tampone e tutti avevano avuto a che fare con il «paziente uno» di Codogno e con la moglie, ricoverata ora al Sacco a Milano e l’unica definita per ora «in buone condizioni». Da domenica 15, quando il 38enne si è presentato per la prima volta in ospedale, al giorno del ricovero vero e proprio e della scoperta della positività al coronaviru­s, i contatti sono stati diversi e la trasmissio­ne facilmente spiegabile con l’esposizion­e prolungata al paziente malato. Gli altri risultati positivi al tampone sono pazienti. Per un totale, finora, di quindici lodigiani contagiati.

«Buone condizioni» La moglie del paziente uno, ricoverata al Sacco, è ora «in buone condizioni»

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