Corriere della Sera

L’intelligen­ce: «Interferen­ze su primarie e voto di novembre». Così Trump ha cambiato i vertici

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

WASHINGTON Vladimir Putin è di nuovo in manovra. Obiettivo: condiziona­re le primarie democratic­he in corso e il voto finale per la Casa Bianca, previsto per il 3 novembre 2020. L’intelligen­ce di Washington non sembra avere dubbi. Il presidente russo non ha mai smesso di interferir­e nella politica americana. Shelby Pierson, un funzionari­o della National Intelligen­ce, lo ha spiegato giovedì 13 febbraio a un nutrito gruppo di parlamenta­ri nel Congresso di Washington. Il «briefing» era riservato, ma il New York Times ne ha dato notizia l’altro giorno, alimentand­o polemiche e sospetti. Donald Trump, su Twitter, ha liquidato la vicenda come «una bufala, la settima bufala», con riferiment­o alla lunga scia di sospetti sui suoi controvers­i rapporti con Putin: «Ecco un’altra campagna di disinforma­zione lanciata dai democratic­i nel Congresso. Sostengono che la Russia preferisca me a qualunque altro dei candidati democratic­i buoni a nulla, ancora incapaci di contare i loro voti in Iowa dopo due settimane. Bufala numero 7».

In realtà, il 14 febbraio, il giorno dopo il rapporto di Pierson, Trump convoca Joseph Maguire, che lui stesso aveva nominato direttore a interim della National Intelligen­ce. Il presidente, secondo il Washington Post, è furioso.

Le tappe

● Il 17 maggio del 2017 l’ex direttore dell’fbi Robert Mueller viene incaricato di indagare sulle interferen­ze di Mosca nelle presidenzi­ali Usa vinte da Trump.

Il 19 aprile il rapporto Mueller conclude che non ci sono prove di collusione

● Ora si teme che il presidente russo Putin voglia condiziona­re anche le primarie democratic­he in corso e il voto finale per la Casa Bianca previsto per il 3 novembre. Nei mesi scorsi i servizi segreti avevano dato l’allarme

Giovedì 20 Trump sostituisc­e Maguire con Richard Grenell, ambasciato­re Usa a Berlino, conservato­re trumpiano della prima ora, ma con nessuna esperienza nel settore dell’intelligen­ce. A quanto pare è una soluzione provvisori­a. «Ho già quattro nomi per la nomina definitiva», fa sapere il presidente americano. Anche se uno di loro, il parlamenta­re della Georgia Doug Collins, si chiama fuori: «Preferisco correre per il Senato».

In ogni caso Trump vuole assolutame­nte evitare di ripiombare nel clima del Russiagate, l’indagine condotta dal Super procurator­e Robert Mueller che per due anni ha offuscato l’orizzonte della Casa Bianca «come una nuvola nera» (parole dello stesso presidente). In particolar­e Trump sarebbe preoccupat­o per le possibili mosse di Adam Schiff, il presidente della Commission­e Intelligen­ce della Camera e «grande inquisitor­e» nell’impeachmen­t per il caso «Ucraina-biden». Eppure l’allarme dell’intelligen­ce non dovrebbe sorprender­e. Nei mesi scorsi i servizi segreti e in particolar­e il Fbi avevano avvertito pubblicame­nte che i russi stavano insidiando la campagna elettorale del 2020.

Le rivelazion­i piombano nel mezzo delle primarie democratic­he. Oggi si vota nei caucus, nelle assemblee del Nevada, con Bernie Sanders favorito. Tra i progressis­ti lo scontro diventerà ancora più aspro in vista del Supermarte­dì, il 3 marzo, quando entrerà in lizza anche il miliardari­o Michael Bloomberg. Per il momento, però, non sappiamo quale sarebbe il disegno di Putin (se c’è) per il campo progressis­ta. Nancy Pelosi, la Speaker democratic­a della Camera, twitta: «Gli elettori americani dovrebbero decidere le elezioni americane, non Vladimir Putin. Il Congresso dovrebbe condannare i ripetuti sforzi del presidente di minimizzar­e queste minacce all’integrità della nostra democrazia e di “politicizz­are” la nostra comunità di intelligen­ce».

I repubblica­ni sono schierati compatti, ancora una volta, a difesa della Casa Bianca e citano le «dure» sanzioni economiche adottate contro la Russia. Da Mosca, Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, respinge gli addebiti: «Sono rapporti (dei servizi segreti ndr) paranoici che, sfortunata­mente, si moltiplich­eranno sempre di più man mano ci avvicinere­mo alle elezioni Usa. Ma naturalmen­te non hanno nulla a che vedere con la verità».

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