Unicredit scende in Borsa Mustier più vicino a Hsbc
Offerta Intesa Sanpaolo, attesa una mossa dei soci Ubi. Corre Mps
Per Unicredit potrebbe essere una rivoluzione: il ceo Jean Pierre Mustier sarebbe in procinto di lasciare l’istituto che guida dall’estate del 2016 per diventare numero uno del colosso britannico Hsbc. Un passaggio importante per Unicredit e che contribuisce a scuotere le acque della finanza italiana nei giorni in cui Ubi prepara le difese per resistere all’ops «non concordata» di Intesa Sanpaolo e il Tesoro deve trovare un nuovo capo azienda per Mps, dopo il passo indietro di Marco Morelli, nonché una sistemazione azionaria per la banca.
Due giorni di rumors sulla candidatura di Mustier a prendere il posto di ceo del colosso britannico, in fase di pesante ristrutturazione e con 35 mila esuberi annunciati, hanno spinto al ribasso i titoli del gruppo italiano: ieri -3,89% a 3,18 euro. Dalla banca non ci sono commenti. Mustier in ogni caso potrebbe non lasciare subito il gruppo. L’alternativa a Mustier che Hsbc starebbe vagliando è l’attuale ceo ad interim Noel
Quinn, in carica da agosto dopo l’uscita di John Flint.
Un’eventuale uscita di Mustier potrebbe rimettere in discussione anche il piano industriale che prevede 6 mila esuberi in Italia. Un nuovo ceo potrebbe anche imporre una svolta alla strategia di Mustier di non volere integrazioni, riaprendo i giochi anche in Italia. Una partita che si incrocerebbe con quella di Ubi.
Per resistere all’ops di Intesa
Sanpaolo che non piace ai soci storici, Ubi potrebbe puntare su un’integrazione con un’altra banca, anche se l’istituto guidato da Victor Massiah è limitato dalla «passivity rule» che riserva ai soci l’approvazione di «atti od operazioni che possono contrastare» un’offerta pubblica.
Il faro è puntato su Mps, anche se non si possono escludere contromosse su Bper o anche su Bancobpm. Siena ieri ha vissuto in Borsa una fiammata anche del +4,5% per poi chiudere a +0,59%. Si confida su una positiva soluzione della trattativa del Tesoro con la Ue sulla cessione ad Amco (la bad bank del Tesoro) di 9,7 miliardi di npl. Su una fusione Ubi-mps peserebbero però anche le cause legali e il possibile aumento di capitale che la Bce richiederebbe. Ma avrebbe il vantaggio di risolvere un problema al governo. E forse anche due, a seguire l’ulteriore suggestione do ieri di una operazione a tre con Popbari, anche è se difficile perché Bari necessita di 1,4 miliardi di capitale fresco.
Un’altra strada per Ubi è confidare in un arrocco dei soci. I tre gruppi di pattisti — Car (17,9%), Patto dei Mille (1,6%) e Sindacato Azionisti (8,4%) — potrebbero non aderire all’ops facendo mancare a Intesa l’obiettivo del 66,7% di Ubi: ciò metterebbe in forse la fusione e quindi le sinergie. Per allettare i soci Intesa Sanpaolo prevederebbe la creazione di 4 direzioni regionali a Bergamo, Brescia, Cuneo e Bari con autonomia di fido. Ma forse non basta: «Non è una semplice banca, è istituzione trainante del territorio», ha detto a Bergamonews, Domenico Bosatelli, che ha il 2,6% di Ubi. «Inaccettabile anche dal punto di vista finanziario, non puoi offrirmi il 40% in meno del suo valore patrimoniale».