IL RACCONTO
Brigate Rosse allo Stato. E, per quanto meteorologicamente plumbeo, il Carnevale ambrosiano ieri ha cercato di resistere alla mestizia, dopo l’annullamento della sfilata di carri, di feste e spettacoli pubblici, dove avrebbe potuto imbucarsi il coronavirus.
Questo clima da coprifuoco Milano l’ha sperimentato nei funesti anni di piombo, tra la fine dei 70 e l’inizio degli 80, ma nemmeno nei momenti più gravi ha gettato la maschera e rinunciato ai coriandoli e alle stelle filanti del «sabato grasso»: nel 1981, dopo mesi di virulenti attentati terroristici, fu scelto come tema carnevalesco «il mondo alla rovescia», ma la città era rimasta in piedi. L’anno dopo quasi trecentomila persone (secondo stime forse un po’ esagerate) affollarono il centro dove, registravano le cronache del tempo, «si ha l’impressione che l’epoca della paura, dei weekend passati in casa, della città vissuta come una giungla nemica, stia finendo». Confermava l’allora sindaco Carlo Tognoli: «La gente si sta abituando a tornare in strada».
Secondo un’inchiesta Nielsen, l’epidemia ha convinto il 49% degli italiani a evitare luoghi pubblici e affollati e il 35% a ridurre la frequenza con cui mangia fuori casa. Ma i milanesi hanno già cautamente spinto le antenne fuori dal guscio. Domani riapriranno il Duomo e, gradualmente, i musei. La cultura come apripista verso la normalità.