Zaki prigioniero, altri 15 giorni nel penitenziario dello Scorpione
Altri quindici giorni rinchiuso: Patrick George Zaki, l’attivista e studente egiziano dell’università di Bologna arrestato lo scorso 7 febbraio mentre tornava in patria per una breve vacanza in famiglia, deve restare in carcere. La decisione è stata comunicata ieri dall’alta corte del Cairo per la sicurezza dello Stato: udienza a porte chiuse a cui hanno partecipato il giovane prigioniero, i suoi legali e anche i rappresentanti delle ambasciate d’italia, Usa, Svizzera e della Delegazione della Ue.
I giudici hanno respinto la richiesta di rilascio avanzata dalla difesa. Si allunga così a 45 giorni complessivi la custodia preventiva comminata al ventisettenne egiziano che nei giorni scorsi è stato trasferito dal carcere di Mansoura alla prigione di Tora al Cairo.
Zaki era stato fermato all’aeroporto della capitale, interrogato illegalmente e percosso per ore, sulla base di un mandato d’arresto spiccato per cinque capi d’accusa, tra cui «diffusione di notizie false», «incitamento alla protesta» e «istigazione alla violenza e ai crimini terroristici» durante le proteste del 20 settembre scorso contro il presidente Abdel Fatah al Sisi che hanno visto centinaia di arresti. Di recente, le autorità hanno ordinato il rilascio di decine di persone in diversi governatorati.
Zaki rimane in prigione: Tora, periferia del Cairo, è tristemente famosa per il sovraffollamento e le condizioni precarie. Una sezione in particolare, considerata di massima sicurezza e chiamata «Scorpione», rinchiude molti prigionieri politici ed è stata oggetto di denunce da parte delle associazioni per i diritti umani. La polizia, ha aggiunto l’avvocatessa del giovane, Huda Nasrallah, si è limitata a informare del trasferimento i parenti, che erano andati a trovarlo a Mansura. «È allarmante perché è la terza volta che Zaki viene spostato senza alcuna spiegazione o ragione», ha aggiunto Lobna Darwish, attivista per i diritti umani.