Guappecarto’, gli italiani vintage «adottati» da Parigi
Il loro nome, Guappecarto’, cioè «guappi di cartone» prende a prestito l’espressione napoletana con cui si indicano dei buoni a nulla, quasi dei buffoni. E anche se i cinque componenti di questa band strumentale napoletani non sono (c’è chi arriva dalla Campania, ma anche dalla Basilicata o dal Friuli), amano giocare con la «lotta fra essere e apparire» di quel termine partenopeo, vestendo abiti e cappelli da furfanti, in stile italiano-vintage.
La loro storia comincia a Perugia, nel 2004, come musicisti di strada, e si sposta poi a Parigi «per caso», su incoraggiamento dell’attrice francese Madeleine Fischer che commissiona loro una colonna sonora e poi li invita a essere liberi e partire. «All’inizio facevamo le prove e componevamo per strada, col cappello davanti — racconta il fisarmonicista e portavoce del gruppo, Claudio Del Vecchio —. Poi arrivati a Parigi abbiamo iniziato a suonare nei caffè, nelle sale, nei teatri».
Un pubblico sempre più ampio in una città che li ha accolti e che, spiegano, riserva tanti spazi alla musica, «più dell’italia, ma anche più del resto del mondo», mostrandosi aperta a un largo spettro di generi. Quello dei Guappecarto’ è un mix anarchico e vivace di musica popolare, gitana, balcanica, swing in cui convogliano tante influenze. Una musica che «racconta storie anche senza le parole», in un linguaggio reso universale proprio dall’assenza del cantato.
Tra le costanti, il senso di nostalgia di chi ha lasciato il proprio Paese che emerge in maniera preponderante nell’ultimo album, «Sambol Amore migrante», composto da nove rivisitazioni delle opere di Vladimir Sambol, musicista croato degli anni 30, emigrato in Svezia. «Sua figlia ci ha chiesto di dare nuova vita alle sue opere e noi ci siamo dati totale libertà: siamo stati fedeli a lui in alcuni brani e molto spesso infedeli, stravolgendo i pezzi per farne nascere altri, sperimentando stili diversi, dal tango al valzer». Il disco è stato presentato anche in Italia di recente: «Un tour emozionante, pieno di persone che ci sostenevano, tanto che al termine di ogni concerto ci tremavano le mani».
E in Italia torneranno la prossima estate, promettono, fra i tanti festival dedicati agli artisti di strada a cui partecipano in Germania, Svizzera, Austria, oltre che in Francia. Se la loro indole è errante, riflettono, l’italia resta nel cuore: «Non so se ci torneremo stabilmente, non so neanche se rimarremo sempre a Parigi, ma il legame con il proprio Paese rimane anche cambiando residenza».