F1, nel mirino c’è Todt (per colpire la Ferrari) Lotta per la successione
Guerra dei motori, i conflitti d’interesse di Wolff
È una sparatoria. Il presidente federale Jean Todt resta nel mirino dei 7 team «ribelli» nonostante il pieno sostegno incassato dal Consiglio Mondiale. Un ultimatum in forma di trenta domande che scadrà mercoledì.
In realtà si tratta di un attacco strumentale: fare pressione su Todt per spingerlo a colpire la Ferrari. Chi conosce il presidente federale sa quanto sia pericoloso attaccarlo; chi conosce Toto Wolff sa quanto sia deciso ad assecondare la sua voglia di golpe. Il capo Mercedes punta sul conflitto di interesse di Todt, visto che il figlio, Nicolas, è manager di Leclerc. Lo era anche di Felipe Massa, un pilota che non pare abbia ottenuto alcun vantaggio, così come è stato Todt a guidare la Fia in un’epoca in cui la Mercedes ha vinto 12 Mondiali pur caratterizzati da sospetti sull’unità motrice stellata. A proposito di conflitti di interesse: Wolff fornisce motori a Williams e Racing Point, il team che ha schierato una vettura identica alla Mercedes 2019, il cui proprietario, Lawrence Stroll ha stretto con Toto una relazione forte economicamente e pronta — si dice — a rilevare l’intera struttura Mercedes nel caso la Casa tedesca decidesse di ritirarsi. In aggiunta, le power unit Mercedes andranno alla Mclaren dal 2021, il nuovo pilota Renault, Esteban Ocon, è stato «girato» da Wolff alla Renault; sua moglie Susie è team principal e azionista del team Venturi di Formula E che utilizza componentistica Mercedes.
Fare pressione su Todt, il cui mandato scadrà nel 2021 senza possibilità di ricandidatura, significa agitare l’immagine di un sostituto gradito a Mercedes e Red Bull, vale a dire Alejandro Agag, patron della Formula E, genero dell’ex premier spagnolo Aznar. Pronto, pare, a entrare in scena in anticipo su ogni altro possibile antagonista in orbita Fia, a cominciare dallo sceicco degli Emirati Mohammed bin Sulayem, membro del Consiglio mondiale.
Le azioni di disturbo continueranno. Nel silenzio di Liberty Media che osserva muta i danni prodotti al proprio giocattolo; nel silenzio Ferrari. È la squadra più importante della storia; c’è un arbitro che ha già preso le sue decisioni: forse sarebbe il caso di battere un pugno sul tavolo per ripristinare rispetto o dettare qualche condizione. Anche perché nessuno può scagliare una pietra. Ogni squadra ha qualche scheletro nell’armadio ed è paradossale osservare moralisti improvvisati che guidano team intenti in contemporanea a scovare vantaggi segreti o a reperire illecitamente segreti altrui.
Alla vigilia di una gara per forza condizionata, di una stagione segnata da questo clima orribile, viene in mente Niki Lauda, la cui lezione è andata perduta. Niki, presidente onorario Mercedes, sepolto con addosso la tuta Ferrari, avrebbe gestito un confronto del genere con fermezza ma nel dialogo. È questo il testimone da raccogliere. Eppure, tra i sedicenti grandi manager della F1 nessuno sembra avere la capacità e la voglia di farlo.