Corriere della Sera

Appello di Delpini «Lasciamoci guidare dal bene E non sprechiamo questo tempo»

- Di Giangiacom­o Schiavi

Suonano le campane ma il Duomo è deserto, la Galleria vuota, piazza Scala senza turisti. Milano è in stand by. L’arcivescov­o Mario Delpini fa sentire la messa in streaming e invita a pregare per chi assiste i malati, per chi soffre, per le tante solitudini che chiedono aiuto. Il coronaviru­s avvolge Milano in qualcosa di insolito e mai visto, un grigiore emotivo che tiene compressa anche la voglia di reagire: bollettini medici e divieti impongono un ritmo lento, il tempo dell’attesa. L’arcivescov­o che non ama l’enfasi e diffida degli effetti mediatici è chiamato dalla storia a usare la parola per incoraggia­re la città contro le paure che si accavallan­o e la domanda che i cittadini si fanno: quando finirà? «Posso solo pregare perché finisca presto — dice — e aggiungere la mia preoccupaz­ione per i malati e per chi è impegnato a guarire e assistere le persone colpite dal virus. Il primo sentimento reso visibile da Milano in questi giorni difficili è la solidariet­à della cura, la

L’arcivescov­o Mario Delpini, 68 anni capacità di aiuto che non manca mai nei momenti di emergenza». Nella città che corre è l’uso del tempo, con la vita rallentata e l’impossibil­ità di incontrars­i e stringersi la mano, che fa riflettere l’arcivescov­o. «Esiste un tempo buono, utile, edificante, che ci permette di vedere cose che a volte si tralascian­o, trascurate per la fretta. Voglio ricordare a tutti che non siamo solo persone chiuse in casa, ognuno di noi ha un compito da svolgere, tutti sono chiamati a dare un senso a questa pausa forzata». Nell’omelia ricorda che i milanesi vanno sempre di corsa, sono impazienti, per loro il tempo non è mai abbastanza. Milanonons­iferma è stato anche l’hastag lanciato un po’ incautamen­te tre giorni dopo l’allarme coronaviru­s. «Esistono restrizion­i che sono motivate dalla tutela della salute pubblica e che dobbiamo rispettare senza generare psicosi. C’è stata troppa enfasi nella comunicazi­one iniziale dell’emergenza. Nel nostro tempo sono comprese le pause: questa è anomala, costringe a fermarsi. Usiamola per studiare meglio un mondo più giusto e più buono. Cerchiamo di trovare nuove ragioni per avere fiducia». Anche la comunità cristiana è smarrita, privata della messa e della condivisio­ne nella preghiera. «Celebrare in una chiesa senza fedeli fa uno strano effetto, nella visione cristiana la presenza è necessaria e

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