L’ira su quelli che da Milano sono tornati «giù» di corsa Famiglie divise dal virus: «Ci infettate, state sui treni»
De Luca chiede il «pugno di ferro» contro il contagio Rabbia social. Polizia e ambulanze nelle stazioni d’arrivo
Enzo De Luca, presidente della Campania, invoca Padre Pio, chiede al governo il «pugno di ferro» e sospira: «Sono state 24 ore difficili per noi».
Si aspettava la grande fuga dal Nord?
«C’è stata un’ondata di arrivi imprevista e ingovernata, con la conseguente paura diffusa di una penetrazione di massa del contagio. Abbiamo dovuto emettere ordinanze immediate per identificare tutti i cittadini arrivati dalle zone a rischio e sottoponendoli a isolamento domiciliare controllato».
Come farete a garantire la quarantena?
«Non è facile, perché chi è rientrato con i mezzi propri sfugge al controllo. Sono impegnate le forze dell’ordine, i Comuni, le Prefetture, le Asl».
Perché voi governatori non riuscite a coordinarvi con il governo?
«Sulla gestione di questo passaggio, è indubbio che abbiamo scontato elementi di disorganizzazione».
Dove ha sbagliato Palazzo Chigi?
«Al di là di un ritardo obiettivo nell’individuazione del focolaio, mi pare che il governo e il ministero della Salute abbiano lavorato con serietà. Considero produttivo il rapporto di collaborazione con le Regioni. Poi, passata l’emergenza, dovremo capire dove vi sono state criticità».
Sul treno per Napoli c’erano contagiati?
«Un solo caso di febbre, ma non abbiamo notizie certe sulla causa».
Gli italiani non capiscono la gravità dell’epidemia?
«Qui da noi, come al Nord, si registrano episodi gravi di irresponsabilità individuale. Nei locali, la norma di distanza di almeno un metro è illusoria e ingestibile. Di notte centinaia di ragazzi affollano i pub. Se la realtà è questa, bisogna impegnare le forze di polizia a chiudere i locali che contravvengono alle regole. Per evitare la diffusione di massa del contagio, occorre il pugno di ferro. Se non lo farà il governo, lo faremo noi».
Il sistema sanitario in Campania reggerà?
«Provo a immaginare, con i brividi addosso, cosa sarebbe successo qualche anno fa, con la nostra sanità commissariata e disastrata. Oggi, grazie al lavoro rigoroso di questi anni, stiamo reggendo, con una attività di prevenzione straordinaria da parte delle Asl. Ma se il numero di contagi cresce la situazione diventa pesante».
Come vi state attrezzando?
«Realizzando il nostro Piano B, per raddoppiare i posti letto di terapia intensiva. E sperimentando sui pazienti, con risultati significativi, farmaci innovativi utilizzati dall’istituto Pascale nelle terapie oncologiche».
Pensa ci sia bisogno di un supercommissario come Bertolaso?
«L’unico supercommissario con il curriculum adeguato per la Campania sarebbe Padre Pio, ma evitiamo di complicarci la vita e rafforziamo la linea di comando».
Fino a due giorni fa tornare a casa era una festa. Da ieri puoi passeggiare in paese come se nulla fosse, certo, ma vai a spiegarlo alla cugina, allo zio, all’amico d’infanzia, che «tanto io sto bene, sta’ tranquillo».
Se vieni da Milano, da Vo’ Euganeo, dal Lodigiano, da una qualunque delle aree di contagio, essere «giù» è un aggravante e (giustamente) prudenza e timori hanno il sopravvento. Al punto che negli sguardi delle persone puoi quasi leggere le didascalie: sei scappato da Milano, eh; vieni qui a infettare tutti noi; ma non ti vergogni?
Ecco. Da ieri mattina va così per chi, sabato sera, ha scelto la fuga verso Sud dalle stazioni milanesi di Garibaldi e Centrale prima che chiudessero le aree rosse del decreto. Fatti salvi i genitori, che sono felici di riavere a casa i figli al momento senza lavoro o senza lezioni, tutti gli altri sono in rivolta. E se per l’amico o il parente «scappato giù» almeno resta un saluto a distanza antivirus, per chi non si conosce montano proteste e richieste alla politica locale: di espulsione, di isolamento, di controllo, perfino di carcere.
«Mio cugino è uno di quelli che è letteralmente fuggito da Milano ed è tornato a Palermo» racconta dal suo profilo twitter Leonardo (@leo_thewall). Mio padre mi ha detto che lo ha visto passeggiare beatamente in centro. Questo significa essere idioti. Mio padre non è sceso dalla macchina e l’ha salutato da lontano».
«Il cugino di mio padre che è scappato da Milano è deficiente» annuncia al mondo Em (@SUHOLY), «mio padre che però lo vuole accogliere in casa lo è il triplo».
Sui social, via whatsapp o nelle videochiamate delle famiglie divise dalla geografia e dal Covid-19, la paura del contagio non racconta la storia dell’insurrezione del Sud contro il Nord, piuttosto svela piccole sommosse intrafamiliari in nome della salvezza comune. Lo zio che a malapena saluta il nipote da lontano, appunto, il figlio che se la prende con il padre irresponsabile, perfino amicizie che finiscono. Un signore che si firma Agankure, per dire. Dal suo account (@Agankureakacsen) rivela che «un amico di mia moglie da Milano è scappato per tornare in Calabria. Lo abbiamo chiamato dicendogli che non si deve azzardare ad avvicinarsi a casa dei miei suoceri che solitamente con educazione va a