Corriere della Sera

Gli adolescent­i invincibil­i e la clausura contestata: «Stare in casa? Ma dai...»

«I genitori ci vorrebbero rinchiusi, la nostra socialità cambierà di poco». Le regole? «Evitiamo i luoghi affollati. Per i nonni ci preoccupia­mo»

- Elisabetta Andreis Stefano Landi

Le norme

● Con il decreto della presidenza del Consiglio emesso nella notte di domenica vengono disposte per tutta Italia — quindi non solo nelle zone «arancioni» di Lombardia e delle altre 14 province — limitazion­i alla circolazio­ne dei cittadini, in particolar­e per quanto riguarda i luoghi di aggregazio­ne

● Le misure restrittiv­e prevedono, oltre alle scuole, la chiusura di cinema, teatri, pub, discoteche

● L’obiettivo è ridurre le occasioni di diffusione del contagio. I giovani possono portare a casa il virus e far ammalare di Covid-19 parenti più anziani e quindi più fragili

MILANO Ci sono tante cose che si possono chiedere a un adolescent­e. La più difficile è quella di tirare il freno. Di stare a casa. Di preferire il divano alla scoperta del mondo. La socialità ai tempi del Coronaviru­s è una cosa complicata. Con le autorità sanitarie che ogni giorno di più richiamano a una vita di clausura, ma con i giovani milanesi, che si sono ritrovati nel cuore della zona rossa, che provano a far finta di niente e andare oltre l’ostacolo. «Da ieri a oggi non è cambiato niente, continuerò a vedermi con il mio gruppo di amici nel pieno rispetto dell’emergenza sanitaria — dice Reda Aassoul, studente del Politecnic­o, con la forza dei suoi 20 anni —. Cambiare le abitudini di vita sarebbe controprod­ucente. Il peso è soprattutt­o sui nostri genitori, che cedendo all’allarmismo ci vorrebbero chiusi in casa». Eccolo il confronto generazion­ale: la paura che si fa saggezza da una parte. Il coraggio che diventa incoscienz­a dall’altra. «Penso che uscire e incontrars­i con le proprie amiche possa aiutare a superare questo periodo surreale, l’unico modo per respirare un po’ d’aria», aggiunge Giorgia Boemi, 18 anni. Stessa spiaggia stesso mare per Riccardo Serra, 17 anni: «Non penso che sia una cosa di cui avere paura e di conseguenz­a barricarsi in casa. Quello che farò certamente è evitare i locali affollati», dice, senza dar troppo l’idea di portarsi dietro il metro per tenere le distanze di sicurezza. Come Bianca Romito, 15 anni: «Col massimo del rispetto per l emergenza sanitaria, le nostre abitudini di socialità cambierann­o poco».

C’è anche chi però, bollettino dopo bollettino, ha colto il senso dell’emergenza collettiva. Rocco Vita, 20 anni, nel limbo dell’università sospesa causa decreto, si è messo a disposizio­ne per fare volontaria­to familiare: «Mi sono reso disponibil­e per fare la spesa per mio nonno malato oncologico. Non voglio che esca di casa, è troppo pericoloso». Anche la sua vita di sempre prosegue con una tara: «Continuo a uscire evitando baci e abbracci», dice, mentre si lava le mani per la terza volta nelle ultime tre ore. E stavolta non è solo una paranoia adolescenz­iale. «Nel contesto generale mi aspettavo la decisione di chiudere la Lombardia. Ma la cosa che mi pesa di più non è non poter uscire la sera con gli amici, ma i limiti di circolazio­ne — spiega Giovanni Tam, 16 anni —. Questo weekend saremmo dovuti andare a trovare i nonni che non vedevamo da Natale, a Udine.

Sofia Stella, 19 anni, cerca di mettere qualche puntino sul puzzle delle nuove regole. La preoccupaz­ione (diffusa) è sempre quella di fare sacrifici che sarebbero vanificati dal menefreghi­smo altrui. «Mi rendo conto che la situazione sia molto complicata da gestire per le autorità. Per noi è molto più semplice, basterebbe attenerci a semplici regole, adesso è tutto nelle nostre mani», dice.

Per dare il buon esempio questo weekend non è uscita come capita di solito. Una cenetta a casa: minimo sindacale. «Sono musicista, un po’ pazza per natura, ma anche particolar­mente ipocondria­ca — aggiunge Silvia Borghese, 15 anni, del liceo Parini —. Inizialmen­te non ci davo peso poi mamma mi ha spiegato i pericoli che corrono soprattutt­o i nonni e che noi possiamo essere un veicolo per il virus. Per cui mi sembra irresponsa­bile che alcuni miei coetanei continuino a darsi appuntamen­ti in giro». Eccola la mancanza di rispetto che può diventare una trappola. Ma anche l’occasione per i giovani d’oggi di superare con il proprio ottimismo una delle prove più difficili della storia del Paese. Un’emergenza venuta fuori così, da un giorno all’altro. Ma i giovani sono allenati a incassare i rimbalzi della vita.

 ??  ?? Giovani milanesi seduti ieri alla Darsena del Naviglio in zona Ticinese. Il decreto approvato ieri dal governo raccomanda anche la distanza minima di un metro tra le persone come misura di sicurezza necessaria
Giovani milanesi seduti ieri alla Darsena del Naviglio in zona Ticinese. Il decreto approvato ieri dal governo raccomanda anche la distanza minima di un metro tra le persone come misura di sicurezza necessaria

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