Erdogan ai greci: «Mandate i migranti negli altri Paesi Ue»
«Non ci sono barche per Atene. Non credete alle fake news». È proprio il bigliettino scritto in inglese appeso alle entrate di Campo Moria a riassumere lo scetticismo che impera tra migranti e cittadini greci in vista dell’incontro oggi a Bruxelles tra Erdogan e i leader europei, alla vigilia del quale il presidente turco ha invitato la Grecia ad «aprire le porte» ai migranti: «Siate liberi da questo peso .... Fateli andare negli altri Paesi europei!».
In altri tempi l’evento sarebbe stato accolto con trepidazione. «Ma nessuno crede più alle parole di Erdogan né alle promesse degli europei. Troppo a lungo le nostre speranze sono state disattese», dicono tra i circa 70.000 cittadini di Lesbo e i quasi 30.000 profughi (in maggioranza afghani), di cui oltre 20.000 concentrati tra le tende e le baracche di Moria. Luogo tanto disperato quanto carico di sogni delusi. «In Turchia ci spiegavano cha da Lesbo i greci stavano organizzando navi speciali dirette ai porti europei, tutto falso», ripetono gli arrivati da inizio marzo e che ora la polizia greca concentra in vista di un trasferimento forzato di cui non si conoscono le modalità.
La frustrazione produce violenza. L’arrivo nell’isola otto giorni fa di alcune decine di nazionalisti greci, oltre ad una ventina di neonazisti tedeschi decisi a «dare una lezione» ai migranti e alle Ong che li aiutano, si è tradotto in episodi gravi. L’altra sera è stato distrutto da un incendio il centro di assistenza «One Happy Family» coordinato da una associazione umanitaria svizzera. Non ci sono vittime, era vuoto. Ma per molti tra i giornalisti e volontari stranieri si tratta «dell’ennesimo atto doloso». Non sono mancate aggressioni ai reporter. «Mi hanno picchiato, derubato dei soldi e dell’equipaggiamento, oltre che danneggiarmi l’auto mentre andavo a Moria», racconta Knut Bry, un fotografo norvegese. È anche vero che tra gli isolani sale l’insofferenza contro i migranti. «I gruppi dell’estrema destra xenofoba sono una minoranza insignificante. Ma è ovvio che il nostro atteggiamento è cambiato. All’inizio, quando nel 2015 cominciarono gli sbarchi, noi greci fummo molto accoglienti. Tanti aprirono le porte di casa. Ora però sono un peso. Vadano via, la Ue deve aiutarci», spiega Anastasia, responsabile del porto turistico di Mitilene. «Questa è sempre stata un’isola meno turistica delle altre, ma la situazione attuale causa gravi danni economici», aggiungono proprietari di alberghi e ristoranti. Nei villaggi vicini a Moira non ne possono più dei tagli degli ulivi per fare legna, dei furti negli orti e della sporcizia.
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