UNA LEZIONE PER L’EUROPA
C aro direttore, il clima di emergenza che stiamo vivendo ci riporta al famoso aforisma di Bernardo di Chartres: le società sono fatte di nani e di giganti. L’unione europea, un gigante che riunisce 27 Paesi, certamente non è stata all’altezza del suo ruolo. Nel contenere l’arrivo e la propagazione di Covid-19, nella gestione oggi di una difficile e dolorosa emergenza, le istituzioni europee sono apparse totalmente inefficaci, assenti. In trincea ci sono invece stati le donne e gli uomini di un sistema sanitario, delle forze dell’ordine, i presidenti delle
Regioni, gli insegnanti che hanno improvvisato lezioni online per garantire continuità didattica. Giganti sono le madri e i padri che si occupano dei figli che non possono andare a scuola, degli anziani e dei disabili. Giganti sono gli imprenditori, piccoli e grandi, che resistono al vuoto creato dal panico, che poi è una paura legittima del virus che non è stata gestita come si sarebbe dovuto. Insieme ai partiti alleati di centrodestra, la principale forza politica italiana, Forza Italia ha presentato un pacchetto di proposte concrete al governo e giudica del tutto insufficienti le misure messe in campo. Ma si è capito subito, purtroppo, che anche l’europa si stava comportando come un nano che si regge solo perché a sostenerla sono i veri giganti. Con il presidente Silvio Berlusconi ce ne siamo accorti sin dalle prime ore della crisi, quando abbiamo scritto alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen sollecitando risorse economiche, strumentali — le famose «mascherine» — e, insomma, un piano per contrastare l’emergenza, tutelare la salute pubblica e la sopravvivenza del nostro sistema economico.
Con Berlusconi abbiamo poi depositato iniziative parlamentari, avviato interlocuzioni e proposto a Strasburgo l’introduzione di un questionario obbligatorio sulla provenienza e sullo stato di salute di chi entrava sul territorio Ue. Oggi il virus che viene dalla Cina ha travalicato i nostri confini e si trova ovunque: Francia, Germania e altri Stati dovranno fare i conti con gli stessi problemi che ha conosciuto l’italia. Ex male, bonum. Da questo nanismo iniziale i leader europei hanno il dovere di trarre una lezione e di rendere le istituzioni europee pronte a fronteggiare le emergenze future. La Commissione ha predisposto una unità di crisi sul Coronavirus composta da 5 Commissari e intensificato i rapporti fra i Ministri della Salute, ma, evidentemente, serve ben altro. Chiediamo al Consiglio europeo di istituire un tavolo tecnico scientifico di coordinamento dei 27 Paesi membri. Questa struttura dovrà decidere linee guida comuni, cioè una strategia per affrontare gli aspetti sanitari, ma anche le ricadute sull’economia e sulla vita sociale. La sospensione della Borsa Italiana, per esempio, che abbiamo sollecitato per fermare gli speculatori e preservare le aziende dal panico, è una decisione che ha conseguenze globali e richiede una regia internazionale. Una regia serve anche per evitare che il sacrificio della «chiusura» delle zone rosse avvenga solo in un Paese e non negli altri dove pure esistono focolai accesi o, altro esempio, per attrezzarsi a far rispettare le limitazioni alla mobilità tra uno Stato e l’altro: un cittadino proveniente da Milano oggi viene «controllato» in Campania e non se emigra in un altro Paese europeo e viceversa. Per accelerare la fine dell’emergenza è necessario che la Commissione promuova la ricerca sui farmaci antivirali e sui vaccini, favorisca acquisti centralizzati di apparecchiature e materiali perché l’«egoismo da mascherina» non è accettabile così come lo sarebbero sprechi e speculazioni.
Il migliore antidoto al panico è la conoscenza e un Continente — specie quello culla della cultura moderna e della scienza — ha più risorse di un singolo Stato. O si cresce — e ci si cura — insieme, difendendo la salute pubblica e dunque la sopravvivenza stessa degli europei o non ha senso ritrovarsi per discutere di altro.
Vicepresidente di Forza Italia, Vicepresidente del Partito Popolare Europeo