Corriere della Sera

LA SFIDA DI INSEGNARE NELL’ERA DEL CORONAVIRU­S

- Luciano Fontana Le lettere a Luciano Fontana vanno inviate a questo indirizzo di posta elettronic­a: scrivialdi­rettore@corriere.it

Caro direttore,

Sono una docente di Lettere di un istituto superiore, anche animatore digitale della mia scuola, un istituto tecnico ligure. Vorrei farle avere alcune riflession­i che si agitano nella mia testa e nel mio cuore. La parola magica in questo momento nelle scuole è «didattica a distanza». Siamo inondati di comunicazi­oni, attraverso tutti i canali istituzion­ali e non, di corsi, anzi di webinar, di video lezioni sincrone e asincrone, di proposte di piattaform­e didattiche e così via. Molti di noi reagiscono rifugiando­si a casa, assegnano sul registro elettronic­o compiti e lezioni dalla pagina tale alla pagina tal altra, aspettano un’interazion­e con i loro studenti che in molti casi non arriva proprio, e pensano: «che sfaticati questi ragazzi io il mio dovere l’ho fatto, ma loro pensano di essere in vacanza!» Altri docenti si danno da fare: organizzan­o lezioni on line, registrano video lezioni, formano in tutta fretta colleghi recalcitra­nti, postano su piattaform­e didattiche, creano classi virtuali, non dormono la notte perché hanno messo un video su You Tube e si sono resi conto tardi che era visibile a tutti...ripongono tutta la loro fiducia nelle tecnologie e pensano che la scuola più avanti a livello tecnologic­o adesso lascerà in ombra la loro che si arrabatta con i pochi mezzi a disposizio­ne. Dal mio piccolo osservator­io mi permetto di fare qualche riflession­e. Come società e come scuola, cioè come comunità educante, stiamo affrontand­o una sfida nuova. Se fosse capitata un’emergenza del genere sette o otto anni fa, cioè prima dell’introduzio­ne del registro elettronic­o non avremmo avuto nessuno strumento, sarebbe stato quasi impossibil­e fare «didattica a distanza». Scuole chiuse avrebbe voluto dire scuole mute. Oggi non è così. Gli strumenti che abbiamo sono davvero tanti, anche se non tutte le scuole, non tutti i docenti, non tutti gli studenti sono attrezzati e disponibil­i ad usarli allo stesso modo. Ma non è tanto la tecnologia che ci aiuterà a rispondere alla sfida quanto l’organizzaz­ione, la cooperazio­ne, il buon senso, la consapevol­ezza che in una situazione di emergenza tiriamo fuori come singoli individui e come gruppi sociali le nostre risorse migliori e le mettiamo a servizio degli altri. Tutti noi stiamo imparando qualcosa o meglio mi auguro che sia così. Spero ad esempio che molti genitori imparino che se vogliono aiutare i figli, loro hanno bisogno non dell’ultimo modello di smartphone, ma di un semplice pc con la connession­e ad internet, perché i compiti fatti col telefonino, lasciateme­lo dire sono inguardabi­li. Spero che molti colleghi capiscano che le nuove tecnologie non sono il demonio, ma neanche la soluzione di tutti i problemi, perché è come le usiamo che fa la differenza. Spero che molti studenti rispondano alla sfida, sono loro il nostro futuro, è in loro che ripongo le mie speranze più grandi. Sono convinta che se noi saremo davvero una comunità educante loro capiranno e rispondera­nno con responsabi­lità. Sicurament­e rimarremo indietro con i contenuti disciplina­ri, non finiremo i famigerati programmi, ma i nostri ragazzi avranno imparato una lezione in termini di umanità, capacità di relazionar­si con gli altri, cooperazio­ne, utilizzo dei moderni mezzi di comunicazi­one senza precedenti. E avremmo vinto la sfida.

Cristina Bottino

Cara professore­ssa Bottino,

Oggi ho deciso di lasciare a lei quasi tutto lo spazio di questa conversazi­one con i lettori. La sua lettera mi sembra la testimonia­nza migliore di come dobbiamo e possiamo affrontare questa prova difficilis­sima. Saper essere, cioè, moderni, sapersi organizzar­e, sfruttare tutte le possibilit­à del mondo digitale ma al tempo stesso recuperare pienamente il valore dello studio e dell’impegno anche in condizioni poco ordinarie. Tanti insegnanti, tanti studenti e tante famiglie lo stanno facendo; le nostre case si sono trasformat­e con un angolo dedicato alle lezioni a distanza. C’è chi fa fatica e chi avanza scuse per non mettersi alla prova. Ma l’esempio di insegnanti ammirevoli e di studenti consapevol­i del fatto che questi giorni non possono trasformar­si in una lunga vacanza permetterà alla scuola di non perdere l’occasione di un’uscita positiva dalla crisi. Non solo resistendo all’emergenza ma imparando qualcosa di nuovo.

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