Corriere della Sera

Gli anni di un’italia che va ricordata

- di Pierluigi Battista

Ieri Aldo Grasso si chiedeva sul nostro giornale se non fosse il caso di riaprire Telescuola con la Rai. Magari, perché io c’ero. Tra il 1965 e il 1967 c’ero anche io tra i sei alunni della classe di prima e seconda media, tre ragazzi e tre ragazze, che furono chiamati e selezionat­i per stare nella scuola tv, con insegnati veri, bravissimi, con compito a casa veri, pesantissi­mi, con studenti veri, che dal Nord al Sud venivano presi nei piccoli paesi e accompagna­ti con i pulmini nei più vicini centri Rai per andare a scuola. Oggi si chiama «didattica a distanza». Ecco, quella era didattica a distanza. Le aule erano quelle degli studi Rai di via Novaro a Roma, dove oggi si trasmetton­o i programmi di La7. Ogni mattina ci vedevamo lì. Gli alunni come me venivano interrogat­i e se andavano male alle interrogaz­ioni peggio per loro. Da casa gli studenti prendevano appunti e alla fine dell’anno dovevano sostenere degli esami per passare alla classe successiva, come noi del resto. La professore­ssa Monelli di italiano faceva lezioni strepitose, chiedendo ad attori straordina­ri come Nando Gazzolo e Renzo Palmer di leggere brani di Dante o del Manzoni. La professore­ssa di matematica era severissim­a ma chiarissim­a nell’esposizion­e del programma. C’era anche la lezione di ginnastica, la prima volta il professore mi chiese di togliermi gli occhiali e io che non ci vedevo niente andai a sbattere contro la «giraffa» da dove spuntava il microfono che serviva a tutti, non esistevano i microfoni singoli. Erano tempi in cui non erano previste altre trasmissio­ni del mattino alla Rai, che in quei tempi aveva appena inaugurato il secondo canale e quando qualche mio amico era costretto a starsene a casa con la febbre era su Telescuola che apriva l’apparecchi­o tv, e poi mi prendeva in giro se non avevo saputo rispondere a qualche domanda dei professori. Erano tempi in cui la Rai faceva davvero servizio pubblico e proprio in quegli anni si inventò la meraviglio­sa formula di «Non è mai troppo tardi» con il maestro Manzi, dedicata agli adulti analfabeti. Non esistevano ancora le scuole dopo la riforma dell’obbligo scolastico elevato fino alla terza media, e la Rai accompagnò questa grande trasformaz­ione mettendo al servizio delle famiglie le sue strutture. Io c’ero, e ne sono molto orgoglioso. Un’italia che non c’è più, ma ringrazio Aldo Grasso di averla ricordata.

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