Pioli: «Né porte chiuse, né liti societarie: è colpa nostra»
In uno scenario lunare, davanti al solo Ivan Gazidis in tribuna, unico dirigente presente a San Siro, il Milan, travolto da una settimana di polemiche dopo il licenziamento di Zvone Boban, viene suonato dalla band di Nicola. «Non dobbiamo cercare alibi, né per le porte chiuse né per le difficoltà societarie» ammette con grande onestà Stefano Pioli che, per la situazione creatasi con Rangnick, dovrebbe essere il primo a invocare giustificazioni. «Ho letto le parole di Boban, ma noi dobbiamo rimanere concentrati sul lavoro, non sono preoccupato per il mio futuro. In questo momento devo solo allenare al meglio e permettere al Milan di finire il campionato nel miglior modo possibile. Poi succederà quello che dovrà succedere». Di certo la squadra dovrà cambiare atteggiamento rispetto alla mollezza di ieri. «Dovevamo essere più attenti e determinati negli episodi che hanno deciso la partita — fa notare l’allenatore —. I demeriti sono solo nostri, ci siamo trovati sotto di due gol perché abbiamo sbagliato. Non abbiamo alibi, a Milanello in settimana ci eravamo allenati bene. È un peccato non aver sfruttato questa occasione poteva essere un’opportunità sia per mostrare la nostra professionalità sia per migliorare la nostra classifica». La scusa delle porte chiuse non regge. «Giocare senza pubblico non è calcio, ma valeva per noi come per gli avversari». Tra l’altro è curioso che a fine partita, i liguri siano andati a festeggiare sotto la Curva, vuota, che normalmente accoglie i tifosi ospiti. «Il gesto era per la nostra gente, un modo per salutare pur a distanza» racconta Davide Nicola. Ora il rebus sulla possibile sospensione del campionato. «Non si può costantemente vivere nell’incertezza — sottolinea Pioli a proposito dell’ipotesi sciopero —. Ci assumiamo le nostre responsabilità ma chi è sopra di noi si accolli le proprie e prenda le decisioni in modo chiaro».