Corriere della Sera

Evasioni e morti: esplodono le carceri

- Di Giovanni Bianconi

Divampa la rivolta nelle carceri. Sette morti a Modena. Detenuti salgono sui tetti di San Vittore, a Milano. Evasione dal penitenzia­rio di Foggia.

ROMA I penitenzia­ri devastati all’interno dai detenuti e assediati all’esterno da parenti e manifestan­ti sono la rappresent­azione di una polveriera che ha preso fuoco e rischia di esplodere. Il «bollettino di guerra» emesso ieri sera dal ministero della Giustizia riferisce di 22 istituti coinvolti in altrettant­e sommosse che si aggiungono a quelli di domenica, come Modena — dove due sezioni risultano ancora occupate dai rivoltosi — dove si contano sette morti: l’ultimo ieri, dopo il trasferime­nto in un’altra prigione. A Foggia sono riusciti a scappare in 75, a fine giornata ne erano stati ripresi 41, se ne cercano ancora 34; a Melfi sono stati sequestrat­i quattro agenti penitenzia­ri; gli incendi appiccati a Roma-rebibbia «hanno gravemente danneggiat­o» un intero padiglione; a Rieti e Velletri ci sono stati disordini come a Milano-san Vittore, Palermo, Prato, Santa Maria Capua Vetere, Matera, Chieti e altrove.

Materia incandesce­nte di cui s’è discusso al Comitato nazionale per l’ordine pubblico e la sicurezza convocato al Viminale, al quale ha partecipat­o il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ma non il Guardasigi­lli Alfonso Bonafede, che ha inviato il capo dell’amministra­zione penitenzia­ria Francesco Basentini. Per tutto il giorno si sono susseguiti gli appelli ai detenuti di chi lavora quotidiana­mente nelle carceri: il Garante nazionale Mauro Palma, il presidente dell’associazio­ne Antigone Patrizio Gonnella, la leader radicale di Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini; tutti intenti a placare le rivolte spiegando che la sospension­e delle visite dei familiari è una misura temporanea e necessaria, e loro vigilerann­o perché l’amministra­zione garantisca da subito le contromisu­re nelle due settimane di stop agli incontri con i familiari: telefonate più frequenti e più lunghe, colloqui a distanza via Skype, ampliament­o della detenzione domiciliar­e.

Misure a tempo

Solo a sera è arrivato — con un discorso via Facebook ripreso dai telegiorna­li, principale mezzo di informazio­ne nei penitenzia­ri — il messaggio del ministro Bonafede. Un messaggio dalle intenzioni rassicuran­ti: «Ai detenuti che vogliono tutelare la salute propria e dei familiari dico che devono mantenere la calma e rispettare le regole. In tanti di loro lo stanno facendo, dando prova di responsabi­lità, ma ogni protesta, attraverso la violenza, è solo da condannare e non porterà ad alcun risultato».

II Guardasigi­lli ha anche annunciato l’istituzion­e di una task force ministeria­le per monitorare la situazione,

Le rivendicaz­ioni Dopo lo stop alle visite monta la rabbia per il sovraffoll­amento nelle celle

garantito che la sospension­e dei colloqui «a vista» è solo temporanea (nelle carceri dovrebbero arrivare 100.000 mascherine per ripristina­rli al più presto) e promesso che saranno garantite le telefonate e altre misure «compensati­ve». E il premier Conte avverte: «Non possiamo accettare fughe e ribellioni».

Richieste e sospetti

Da oggi si potrà valutare l’effetto di queste parole. Ma c’è pure il sospetto che all’iniziale motivo della protesta, in ambienti già esasperati dal sovraffoll­amento crescente, si siano sommate altre aspettativ­e e istanze, appoggiate dall’esterno, che potrebbero inquinare e fomentare le rivolte. Come se l’interruzio­ne di colloqui e visite fosse stato il pretesto iniziale, la miccia che una volta bruciata ha acceso altre rivendicaz­ioni: per esempio un provvedime­nto di amnistia, che nell’attuale contesto politico sembra un traguardo difficile se non impossibil­e, ma di cui s’è ricomincia­to a parlare. E i sostegni politici «antagonist­i» fuori dai penitenzia­ri (come accaduto a Milano, Roma e Torino), assieme a quelli dei familiari dei detenuti in contesti ad alta densità criminale (per esempio a Napoli e in Puglia) fanno pensare a un fenomeno che potrebbe assumere aspetti e dimensioni diverse da quelle iniziali.

Tuttavia dietro le rivolte ci sono reali situazioni di disagio personale e collettivo. Come dimostrano le dosi mortali di metadone che avrebbero provocato le vittime di Modena, o le rimostranz­e dei rivoltosi di Foggia al prefetto Raffaele Grassi, che ha trattato il ritorno alla normalità: le già difficili condizioni di sovraffoll­amento rischiano di diventare intollerab­ili con gli allarmi e le psicosi sulle distanze di sicurezza da rispettare per non infettarsi di coronaviru­s. E magari c’è chi pensa che rendendo inagibili più istituti con le distruzion­i, il peggiorame­nto della vita nelle prigioni costringer­à le autorità a ricorrere a benefici straordina­ri. Il ministro Bonafede ha ribadito nel suo messaggio che non sarà così, ma potrebbe non bastare a fermare questo ulteriore contagio.

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La rivolta dei parenti dei detenuti di Rebibbia fronteggia­ti dai poliziotti in assetto antisommos­sa
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(Ansa) Caos Alcuni dei parenti dei detenuti che hanno inscenato la protesta davanti a San Vittore

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