Evasioni e morti: esplodono le carceri
Divampa la rivolta nelle carceri. Sette morti a Modena. Detenuti salgono sui tetti di San Vittore, a Milano. Evasione dal penitenziario di Foggia.
ROMA I penitenziari devastati all’interno dai detenuti e assediati all’esterno da parenti e manifestanti sono la rappresentazione di una polveriera che ha preso fuoco e rischia di esplodere. Il «bollettino di guerra» emesso ieri sera dal ministero della Giustizia riferisce di 22 istituti coinvolti in altrettante sommosse che si aggiungono a quelli di domenica, come Modena — dove due sezioni risultano ancora occupate dai rivoltosi — dove si contano sette morti: l’ultimo ieri, dopo il trasferimento in un’altra prigione. A Foggia sono riusciti a scappare in 75, a fine giornata ne erano stati ripresi 41, se ne cercano ancora 34; a Melfi sono stati sequestrati quattro agenti penitenziari; gli incendi appiccati a Roma-rebibbia «hanno gravemente danneggiato» un intero padiglione; a Rieti e Velletri ci sono stati disordini come a Milano-san Vittore, Palermo, Prato, Santa Maria Capua Vetere, Matera, Chieti e altrove.
Materia incandescente di cui s’è discusso al Comitato nazionale per l’ordine pubblico e la sicurezza convocato al Viminale, al quale ha partecipato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ma non il Guardasigilli Alfonso Bonafede, che ha inviato il capo dell’amministrazione penitenziaria Francesco Basentini. Per tutto il giorno si sono susseguiti gli appelli ai detenuti di chi lavora quotidianamente nelle carceri: il Garante nazionale Mauro Palma, il presidente dell’associazione Antigone Patrizio Gonnella, la leader radicale di Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini; tutti intenti a placare le rivolte spiegando che la sospensione delle visite dei familiari è una misura temporanea e necessaria, e loro vigileranno perché l’amministrazione garantisca da subito le contromisure nelle due settimane di stop agli incontri con i familiari: telefonate più frequenti e più lunghe, colloqui a distanza via Skype, ampliamento della detenzione domiciliare.
Misure a tempo
Solo a sera è arrivato — con un discorso via Facebook ripreso dai telegiornali, principale mezzo di informazione nei penitenziari — il messaggio del ministro Bonafede. Un messaggio dalle intenzioni rassicuranti: «Ai detenuti che vogliono tutelare la salute propria e dei familiari dico che devono mantenere la calma e rispettare le regole. In tanti di loro lo stanno facendo, dando prova di responsabilità, ma ogni protesta, attraverso la violenza, è solo da condannare e non porterà ad alcun risultato».
II Guardasigilli ha anche annunciato l’istituzione di una task force ministeriale per monitorare la situazione,
Le rivendicazioni Dopo lo stop alle visite monta la rabbia per il sovraffollamento nelle celle
garantito che la sospensione dei colloqui «a vista» è solo temporanea (nelle carceri dovrebbero arrivare 100.000 mascherine per ripristinarli al più presto) e promesso che saranno garantite le telefonate e altre misure «compensative». E il premier Conte avverte: «Non possiamo accettare fughe e ribellioni».
Richieste e sospetti
Da oggi si potrà valutare l’effetto di queste parole. Ma c’è pure il sospetto che all’iniziale motivo della protesta, in ambienti già esasperati dal sovraffollamento crescente, si siano sommate altre aspettative e istanze, appoggiate dall’esterno, che potrebbero inquinare e fomentare le rivolte. Come se l’interruzione di colloqui e visite fosse stato il pretesto iniziale, la miccia che una volta bruciata ha acceso altre rivendicazioni: per esempio un provvedimento di amnistia, che nell’attuale contesto politico sembra un traguardo difficile se non impossibile, ma di cui s’è ricominciato a parlare. E i sostegni politici «antagonisti» fuori dai penitenziari (come accaduto a Milano, Roma e Torino), assieme a quelli dei familiari dei detenuti in contesti ad alta densità criminale (per esempio a Napoli e in Puglia) fanno pensare a un fenomeno che potrebbe assumere aspetti e dimensioni diverse da quelle iniziali.
Tuttavia dietro le rivolte ci sono reali situazioni di disagio personale e collettivo. Come dimostrano le dosi mortali di metadone che avrebbero provocato le vittime di Modena, o le rimostranze dei rivoltosi di Foggia al prefetto Raffaele Grassi, che ha trattato il ritorno alla normalità: le già difficili condizioni di sovraffollamento rischiano di diventare intollerabili con gli allarmi e le psicosi sulle distanze di sicurezza da rispettare per non infettarsi di coronavirus. E magari c’è chi pensa che rendendo inagibili più istituti con le distruzioni, il peggioramento della vita nelle prigioni costringerà le autorità a ricorrere a benefici straordinari. Il ministro Bonafede ha ribadito nel suo messaggio che non sarà così, ma potrebbe non bastare a fermare questo ulteriore contagio.