In diretta dalla caverna
Èstupefacente come il flagello abbia cambiato in pochi giorni la gerarchia delle emozioni. Tutto ciò che fino a ieri ci rallegrava o ci irritava — un gol particolarmente bello, un tweet particolarmente trucido —, spingendoci a dedicargli una fetta significativa delle nostre energie, è stato repentinamente soverchiato da preoccupazioni più basiche. C’è meno voglia di esultare, ma anche di odiare.
Certo, rimangono i complottisti, convinti che il contagio sia stato diffuso ad arte per consentire al Potere di chiudere in casa il mondo o, peggio, per far perdere lo scudetto alla loro squadra del cuore. Ma se si escludono le frange degli ossessivi cronici e quelle degli sbadati molesti che continuano a scattarsi selfie di gruppo, la maggioranza silenziosa e obbligatoriamente sedentaria ha maturato un’allergia improvvisa per i dilettanti e gli spacconi. Può parteggiare per questo o quel virologo, ma la disputa da bar si è trasferita in laboratorio, dove fa già tutto un altro effetto. Si segnala ovunque un improvviso recupero di serietà, che per adesso viaggia ancora sulle ali dell’ansia, ma presto (speriamo) potrebbe andare avanti da solo, sospinto da un anelito di consapevolezza. Se è vero che la coscienza umana non procede a gradi ma a scatti, forse in questi giorni se ne sta verificando uno. Bisognerà ricordarsene, e tenerlo ben stretto, quando usciremo dalla caverna a riveder le stelle.