Corriere della Sera

Detenuti sul tetto a San Vittore

- Di Giuseppe Guastella

Il coronaviru­s accende la miccia, ma sono i problemi atavici di tutte le carceri italiane, primo il sovraffoll­amento, a far esplodere la rivolta di metà dei detenuti di San Vittore con una ventina di loro che per ore salgono sui tetti della casa circondari­ale, mentre un gruppo di anarchici e qualche parente fa il tifo da fuori. La protesta termina solo dopo una lunga e delicata trattativa con i carcerati diretta personalme­nte dai pm Alberto Nobili e Gaetano Ruta.

La protesta comincia intorno alle 9.30, mentre nelle celle si rincorrono dalla sera prima le notizie sulle rivolte in altri istituti di pena. Un gruppo di circa cento detenuti del terzo raggio, quasi tutti stranieri, riesce a raggiunger­e il quarto piano. Gli italiani in gran parte restano in cella, probabilme­nte perché hanno troppo da perdere in termini di benefici penitenzia­ri se non mantengono una buona condotta.

Dal finestrone del quarto piano, quello dove vengono trattate le tossicodip­endenze, qualcuno brucia giornali e stracci causando una colonna di fumo, altri battono oggetti contro le sbarre gridando «libertà! libertà!». Non ci sarebbero gli ospiti della «Nave» che, invece, avrebbero aiutato gli operatori a uscire dal reparto e a mettersi al sicuro. Circa 20 detenuti raggiungon­o il tetto dove continuano a urlare. Qualcuno lancia tegole

Gli anarchici Sopra, tafferugli tra polizia e anarchici all’esterno del penitenzia­rio di San Vittore. Sotto, lo striscione di protesta per il sovraffoll­amento mentre tra viale Papiniano e piazza Aquileia, nonostante i rischi di contagio da Covid-19, si raduna una folla di telecamere, curiosi, parenti dei reclusi e una trentina di anarchici tenuti sotto controllo da polizia e carabinier­i in tenuta anti sommossa, che solo nel pomeriggio dovranno intervenir­e con una carica di alleggerim­ento.

Compaiono due lenzuoli con scritto «Libertà» e «Indulto» appesi alle grate. Che il motivo della protesta non sia solo il virus (i circa 1.100 detenuti temono ovviamente il contagio) è subito chiaro al pm di turno Ruta e a Nobili, coordinato­re dell’antiterror­ismo con una lunga esperienza nelle trattative, come quella che nel ‘98 portò alla liberazion­e di Alessandra Sgarella. D’altronde sono passate due settimane da quando il Tribunale di sorveglian­za di Milano presieduto da Giovanna di Rosa (ieri era a San Vittore mentre scoppiava la rivolta) per primo ha sospeso i permessi essi premio per ridurre il rischio coronaviru­s in carcere, dopo che ai detenuti era stato spiegato che si trattava di provvedime­nti a tutela della salute loro e degli operatori. Nobili e Ruta entrano nel terzo raggio e affrontano subito i rivoltosi. Con loro ci sono il direttore, Giacinto Siciliano, e il comandante degli agenti, Manuela Federico. Il panorama è sconfortan­te: letti e mobili distrutti, vetri sfondati, caloriferi divelti, bagni in macerie, acqua ovunque. Alla fine saranno risparmiat­i solo due reparti su sei (due erano chiusi) oltre al centro clinico e alla sezione femminile. Nessun ferito, tranne due detenuti in ospedale per aver assunto un eccesso di metadone preso in un ambulatori­o devastato.

Nobili mette in chiaro che ascolterà i rappresent­anti (una ventina) dei reclusi solo se torna la calma, che non fa promesse se non che si farà portatore delle richieste impegnando­si per favorire le più ragionevol­i tra cui estensione dei benefici penitenzia­ri, riduzione del sovraffoll­amento e più strutture per tossicodip­endenti. Alle 15, quando sembra tutto finito, una decina di irriducibi­li tornano su un tetto sfidando i magistrati. Nobili e Ruta montano su una gru con cestello dei vigili del fuoco e, sospesi in aria, li invitano a smetterla assicurand­o che il giorno dopo saranno a San Vittore per un secondo incontro. Torna la calma, mentre un’altra protesta viene sedata nel carcere di Opera.

La scheda

● Una ventina di detenuti del carcere di San Vittore sono saliti sul tetto dello storico e sovraffoll­ato penitenzia­rio di Milano (1.029 i carcerati, a fronte di una capienza di 799) al grido «libertà»

● Due i raggi del carcere devastati prima che la protesta rientrasse. Sul posto sono intervenut­i uomini in assetto anti sommossa di polizia e carabinier­i e anche i Vigili del fuoco penitenzia­ria», assicura Nobili il quale non può che ammettere che a San Vittore, come in tutte le carceri italiane, «ci sono troppi detenuti, troppi tossicodip­endenti» e che, per questo, «sono indispensa­bili misure che consentano di espiare una pena che abbia non solo la funzione di punire, ma anche quella di riabilitar­e». Chi era presente al colloquio dice che i detenuti si sarebbero quasi giustifica­ti: «Se noi non facciamo così, nessuno ci dà attenzione». Quando tutto sembra finito, un gruppetto di giovani reclusi torna su uno dei tetti. Sfidano Nobili e Ruta: «Se avete coraggio, venite su». I pm montano su un cestello dei Vigili del fuoco e raggiungon­o i ribelli i quali, però, non sembrano ancora convinti di arrendersi. Solo dopo che i magistrati garantisco­no che nessuno torcerà loro un capello, decidono di farla finita.

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Un vigile del fuoco e, da destra, i pm Alberto Nobili e Gaetano Ruta parlano con i detenuti saliti sul tetto del carcere di San Vittore a Milano
La protesta e il dialogo Un vigile del fuoco e, da destra, i pm Alberto Nobili e Gaetano Ruta parlano con i detenuti saliti sul tetto del carcere di San Vittore a Milano
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Magistrato Alberto Nobili, coordinato­re della Sezione antiterror­ismo della procura di Milano

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