Modena, assalto all’infermeria per il metadone: muoiono in sette
Delle ventidue rivolte che hanno incendiato (più o meno) simultaneamente le carceri italiane quella del Sant’anna di Modena è stata la più cruenta. Il bilancio, per ora, è di sette morti e decine di ricoverati per intossicazione di cui quattro in terapia intensiva. Tutti detenuti. L’ultimo decesso è avvenuto ieri pomeriggio nel carcere di Marino del Tronto ad Ascoli Piceno. Faceva parte dei 42 trasferiti dal penitenziario modenese. L’uomo è morto di overdose, come pare gli altri sei. I detenuti hanno approfittato della rivolta per assaltare l’infermeria e fare razzia di farmaci assumendo dosi letali di metadone. In un bollettino l’ausl di Modena ha fatto sapere che «ferite lievi sono state riportate anche da tre guardie e sette sanitari».
Tutto è iniziato nella giornata della festa della donna. Domenica, poco dopo mezzogiorno, un centinaio di carcerati è riuscito a bloccare gli agenti penitenziari impossessandosi delle chiavi. I rivoltosi hanno raggiunto il settore chiamato «manutenzione ordinaria fabbricati» dove si trovano gli attrezzi. Con questi utensili hanno tagliato e aperto i cancelli. Quelli che sono entrati nell’infermeria hanno prelevato grandi quantità di metadone, usato per curare chi è in crisi da astinenza. L’agitazione ha preso la forma del saccheggio e della violenza, è stato appiccato il fuoco. Il fumo si è sparso dall’interno verso l’esterno del carcere, visibile da tutta la città.
Sul posto sono arrivati carabinieri, polizia e squadre speciali provenienti da Bologna. Tre cadaveri sono stati ritrovati nelle celle. Altri tre detenuti
sono morti negli istituti di Alessandria e Verona, dove erano stati trasferiti. Il carcere modenese potrebbe ospitare 369 reclusi, al momento della rivolta ce n’erano 140 di più.
I dirigenti del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) da anni denunciano le condizioni del carcere. Afferma Francesco Campobasso, segretario nazionale: «Abbiamo denunciato le nuove modalità organizzative, come la vigilanza dinamica, che prevede il deflusso nei luoghi comuni a celle aperte senza che vi sia la tecnologia a supporto e un sistema di videosorveglianza. Così si formano assembramenti che gli agenti non possono controllare. I pochi che erano di turno a Modena sono stati sopraffatti».