Corriere della Sera

Allo studio il piano attuato a Hong Kong: aiuti ai negozi chiusi

Il sindaco Sala valuta con gli omologhi lombardi l’ipotesi di sospendere le attività non di prima necessità a fronte di un intervento finanziari­o del governo

- Maurizio Giannattas­io Stefano Landi

MILANO L’appello alle aziende perché permettano il lavoro a distanza ai propri dipendenti. L’appello ai ragazzi e alle ragazze perché rinuncino alla movida. Ma soprattutt­o l’orientamen­to che sta prendendo sempre più forma compiuta in queste ore tra chi deve decidere regole e divieti da mettere in campo per cercare di ridurre il contagio. Riguarda la chiusura dei negozi e delle attività, chiarament­e non di prima necessità, che rappresent­ano un polo d’attrazione per tanta gente che in base al decreto dovrebbe restare a casa evitando uscite inutili. Il sindaco di Milano Beppe Sala ne sta parlando con i suoi colleghi primi cittadini lombardi e con i vertici della Regione. Si sta pensanun’altra do a una chiusura temporanea a fronte però di un cospicuo e rapido intervento finanziari­o da parte del governo che permetta di far fronte agli stipendi dei dipendenti.

Un po’ quello che è successo a Hong Kong, dove a fronte della serrata di un mese sono stati corrispost­i forti aiuti economici non solo ai commercian­ti e agli imprendito­ri, ma a tutti i cittadini, tra cui i dipendenti degli esercizi commercial­i chiusi con una cifra pari a 1.175 euro. D’altra parte, le difficoltà di negozi e attività sono sotto gli occhi di tutti. Basta andare nel salotto di Milano, la Galleria Vittorio Emanuele e dintorni. Le chiusure sono a macchia di leopardo, una serranda giù un’altra su, una vetrina illuminata, spenta. E non stiamo parlando di piccoli e medi imprendito­ri, ma anche di grandi marchi che sicurament­e hanno spalle più robuste per sopportare il peso di una chiusura. Ogni decisione però verrà presa collegialm­ente insieme alla Regione e agli altri sindaci perché è impensabil­e che ogni città e ogni territorio faccia di testa propria ma se si scorrono le centinaia di commenti al nuovo post di Sala, la stragrande maggioranz­a dei cittadini chiede un intervento in questo senso: chiudere immediatam­ente i negozi, i bar, i ristoranti, i mercati e tutte quelle attività non essenziali. Che poi è la stessa corrente che sta montando all’interno della categoria. Gli stessi negozianti, che si ritrovano con un buco d’affari tra il 70 e l’80 per cento, cominciano a chiedersi quanto valga la pena mettere a rischio la salute dei propri dipendenti. Numeri ribaditi ieri da Confimpres­e che ha spiegato come gli incassi siano scesi del 96% nel mondo della moda e dell’80 tra food e ristorazio­ne.

Nei primi due giorni di coprifuoco a Milano tira un’aria strana, con la gente che si muove nell’incertezza con le autocertif­icazioni nel taschino. Ieri sono iniziati i controlli. La linea della prefettura è stata quello di concedere un approccio morbido, ma ora si inizierà a multare con severità crescente. Non camion e furgoni, ma le auto. La questura ha organizzat­o le squadre che pattuglier­anno l’ingresso e l’uscita di tutte le grandi direttrici della città, coinvolgen­do i commissari­ati di zona. Sono posti di blocco mobili, nel senso che si sposterann­o per coprire la città. Anche nelle stazioni e aeroporti sono partiti gli interrogat­ori per capire chi davvero si muove per necessità.

Aiuti economici

Ai commercian­ti, ma anche ai dipendenti Molte le serrande già abbassate in città

Alla stazione si è partiti con controlli a campione, più stringenti in aeroporto dove anche ieri sono stati cancellati un centinaio di voli su Malpensa e altrettant­i su Linate. Ci sono poi i numeri del bollettino medico quotidiano: da questo punto di vista Milano città «tiene», con 208 persone contagiate (37 più di domenica) e 9 morti.

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