Allo studio il piano attuato a Hong Kong: aiuti ai negozi chiusi
Il sindaco Sala valuta con gli omologhi lombardi l’ipotesi di sospendere le attività non di prima necessità a fronte di un intervento finanziario del governo
MILANO L’appello alle aziende perché permettano il lavoro a distanza ai propri dipendenti. L’appello ai ragazzi e alle ragazze perché rinuncino alla movida. Ma soprattutto l’orientamento che sta prendendo sempre più forma compiuta in queste ore tra chi deve decidere regole e divieti da mettere in campo per cercare di ridurre il contagio. Riguarda la chiusura dei negozi e delle attività, chiaramente non di prima necessità, che rappresentano un polo d’attrazione per tanta gente che in base al decreto dovrebbe restare a casa evitando uscite inutili. Il sindaco di Milano Beppe Sala ne sta parlando con i suoi colleghi primi cittadini lombardi e con i vertici della Regione. Si sta pensanun’altra do a una chiusura temporanea a fronte però di un cospicuo e rapido intervento finanziario da parte del governo che permetta di far fronte agli stipendi dei dipendenti.
Un po’ quello che è successo a Hong Kong, dove a fronte della serrata di un mese sono stati corrisposti forti aiuti economici non solo ai commercianti e agli imprenditori, ma a tutti i cittadini, tra cui i dipendenti degli esercizi commerciali chiusi con una cifra pari a 1.175 euro. D’altra parte, le difficoltà di negozi e attività sono sotto gli occhi di tutti. Basta andare nel salotto di Milano, la Galleria Vittorio Emanuele e dintorni. Le chiusure sono a macchia di leopardo, una serranda giù un’altra su, una vetrina illuminata, spenta. E non stiamo parlando di piccoli e medi imprenditori, ma anche di grandi marchi che sicuramente hanno spalle più robuste per sopportare il peso di una chiusura. Ogni decisione però verrà presa collegialmente insieme alla Regione e agli altri sindaci perché è impensabile che ogni città e ogni territorio faccia di testa propria ma se si scorrono le centinaia di commenti al nuovo post di Sala, la stragrande maggioranza dei cittadini chiede un intervento in questo senso: chiudere immediatamente i negozi, i bar, i ristoranti, i mercati e tutte quelle attività non essenziali. Che poi è la stessa corrente che sta montando all’interno della categoria. Gli stessi negozianti, che si ritrovano con un buco d’affari tra il 70 e l’80 per cento, cominciano a chiedersi quanto valga la pena mettere a rischio la salute dei propri dipendenti. Numeri ribaditi ieri da Confimprese che ha spiegato come gli incassi siano scesi del 96% nel mondo della moda e dell’80 tra food e ristorazione.
Nei primi due giorni di coprifuoco a Milano tira un’aria strana, con la gente che si muove nell’incertezza con le autocertificazioni nel taschino. Ieri sono iniziati i controlli. La linea della prefettura è stata quello di concedere un approccio morbido, ma ora si inizierà a multare con severità crescente. Non camion e furgoni, ma le auto. La questura ha organizzato le squadre che pattuglieranno l’ingresso e l’uscita di tutte le grandi direttrici della città, coinvolgendo i commissariati di zona. Sono posti di blocco mobili, nel senso che si sposteranno per coprire la città. Anche nelle stazioni e aeroporti sono partiti gli interrogatori per capire chi davvero si muove per necessità.
Aiuti economici
Ai commercianti, ma anche ai dipendenti Molte le serrande già abbassate in città
Alla stazione si è partiti con controlli a campione, più stringenti in aeroporto dove anche ieri sono stati cancellati un centinaio di voli su Malpensa e altrettanti su Linate. Ci sono poi i numeri del bollettino medico quotidiano: da questo punto di vista Milano città «tiene», con 208 persone contagiate (37 più di domenica) e 9 morti.