Corriere della Sera

«Infettato a Codogno, mi sentivo soffocare Ma oggi torno a casa»

- Francesco Gastaldi Sara Bettoni

«Guarire si può, ma ho visto un inferno». Luigi Tommasini, napoletano di origine ma residente a Casalpuste­rlengo, ha quasi sconfitto il Covid-19. Oggi verrà rimandato a casa dopo sei giorni all’ospedale di Lodi, di cui uno steso su una barella e altri cinque in reparto, ventilato e trattato. In terapia intensiva non ci è finito, «ma assicuro che dopo sette giorni di febbre altissima a casa non ce l’ho fatta più: non riuscivo a respirare». Nemmeno ora riesce a parlare, e affida il suo racconto a Whatsapp.

Tommasini ha 59 anni, è fotografo profession­ista (ha uno show-room a Casalpuste­rlengo e lavora con il quotidiano locale Il Cittadino) e ha contratto il virus nell’ospedale di Codogno. Si trovava lì per fare riabilitaz­ione a una spalla operata e vi è tornato nel giorno dell’esplosione del coronaviru­s per scattare le prime foto del nosocomio che chiudeva. «Quel maledetto virus mi deve aver attaccato proprio lì: il 24 febbraio ho iniziato a sentirmi male, avevo tosse e una febbre che non voleva saperne di andarsene. Sono arrivato fino a 39, ho resistito quasi una settimana cercando di curarmi da solo. Alla fine stavo così male che il 2 marzo mi hanno preso in carico. E mi hanno mandato a Lodi».

Ciò che ha visto e vissuto lo ha scioccato. «Come fotografo di cronaca sono abituato alle scene peggiori, ma ciò che ho visto al Maggiore è da avamposto di guerra. Malati stesi in barella ovunque, perfino negli stanzini. Ho atteso l’esito in una cameretta secondaria con altri due ammalati». Fortunatam­ente i polmoni non erano così compromess­i e il fotografo è stato ricoverato in medicina, senza essere intubato ma ventilato e con terapie antibiotic­he. «Il personale a Lodi sta realmente combattend­o una guerra, il modo in cui si prendono cura di noi è commovente». Lui la sua battaglia contro il virus l’ha quasi vinta. Oggi tornerà a Casalpuste­rlengo, in un appartamen­to in cui dovrà restare solo per altri dieci giorni almeno. Poi potrà riabbracci­are moglie e figli.

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