Negli Stati Uniti allo studio anche misure «all’italiana»
Il presidente minimizza, ma le autorità non escludono di chiudere alcune aree. Mistero sul costo dei test
WASHINGTON Negli Usa solo Donald Trump continua a minimizzare i rischi di una rapida diffusione del coronavirus. In tutto il Paese i casi sono 603, i morti 26. L’infezione è diffusa in 35 Stati. Alcuni hanno già dichiarato l’emergenza: Washington (costa occidentale da non confondere con la capitale); Oregon, California e New York. Negli ultimi tre giorni la progressione del Covid-19 ha cambiato drasticamente passo. Senza fare distinzioni. Alcuni deputati repubblicani hanno scelto di auto-isolarsi dopo aver avuto contatti con una persona contagiata: tra di loro c’è Doug
Collins, interlocutore abituale di Trump; venerdì scorso era con il presidente ad Atlanta. A New York gli infetti sono 142, tra cui Rick Cotton, il capo dell’autorità che gestisce gli aeroporti e i terminal dei bus.
I messaggi delle autorità sanitarie sono più pressanti. Antony Fauci, figura chiave della task force istituita dalla Casa Bianca, ora «non esclude» che alcune regioni possano essere chiuse. Nancy Messonnier, direttrice della Cdc, l’agenzia federale che sta coordinando le ricerche e i test, si rivolge così «agli anziani»: «Fate provviste e preparatevi a stare a casa per un lungo periodo». Gli scienziati premono per adottare misure più severe, «all’italiana», dice qualcuno. Ma la spinta si scontra con il blocco della Casa Bianca. Trump, però, potrebbe essere costretto a cambiare presto strategia: l’emergenza potrebbe travolgerlo politicamente.
Al momento sono stati eseguiti ancora pochi test sui pazienti con sintomi sospetti. Il dottor Fauci assicura che 1,1 milioni di kit sono già stati spediti nei vari Stati e altri quattro milioni verranno distribuiti entro la settimana.
I cittadini, comunque, sono in allerta e intasano i centralini delle autorità sanitarie federali e dei singoli Stati. I messaggi registrati dagli operatori rimandano ai siti Internet, pieni di informazioni.
Spesso, però, mancano quelle essenziali e pratiche. Dove e quando si potranno fare i tamponi? Un altro mistero è il prezzo. Nei giorni scorsi si sono rincorse tante voci: 3.500-2.500 dollari per chi non ha copertura assicurativa. A New York il costo medio dovrebbe aggirarsi sui mille dollari. Ma sono stime parziali, non confermate ufficialmente. Dall’ufficio stampa del governatore Andrew Cuomo, otteniamo solo una risposta approssimativa: «Probabilmente lo Stato coprirà le spese dei test». I numeri verdi di Washington ci rimbalzano da un istituto all’altro, senza però dare certezze. Non serve neanche andare di persona al pronto soccorso del Georgetown University Hospital, una delle strutture della capitale più attrezzate per le malattie infettive. Va un po’ meglio con una realtà più ridotta, come lo Stato del Maryland. Da Baltimora, Charlie Gischlar, vice capo della comunicazione, risponde: «Il governatore Larry Hogan (repubblicano ndr) farà in modo che il test sia gratuito. Sta lavorando in tal senso con le assicurazioni. Per chi è scoperto, pagheranno le casse del Maryland». E probabilmente, se l’epidemia esploderà, sarà una strada obbligata per gli altri Stati, con l’appoggio dei fondi federali.