Addio a Max von Sydow, da Bergman a «L’esorcista»
La morte ha vinto la sua seconda partita, portandosi via per sempre, a 90 anni, l’attore svedese Max von Sydow. Sessantatré anni prima, nel 1957, von Sydow aveva giocato la sua prima, celebre partita con la morte, nel film forse più famoso di Ingmar Bergman, Il settimo sigillo,e anche se nella storia era uscito sconfitto, in cambio aveva guadagnato un successo che l’aveva accompagnato per tutta la vita, da una parte e dall’altra dell’atlantico.
Nato il 10 aprile 1929 a Lund, da una famiglia della colta borghesia svedese, aveva frequentato i corsi del Kungligas Dramatiska Teatern a Stoccolma trovando i suoi primi ruoli d’attore. Nel 1955 entra nello stabile di Malmö, diretto da Bergman, che due anni dopo gli proporrà il ruolo del crociato Antonius Block, il protagonista del Settimo sigillo che sfida la morte al suo ritorno dalle crociate. A questo seguiranno, tra il 1957 e il 1971 altri dieci film bergmaniani (Il posto delle fragole, Il volto, Alle soglie della vita, La fontana della vergine, Come in uno specchio, Luci d’inverno, L’ora del lupo, La vergogna, Passione e L’adultera) in cui la tensione interiore è raccontata con estremo controllo, senza sottolineature enfatiche o gestuali, per restituire insieme il dramma e il mistero dei suoi ruoli, aiutato in questo da una statura imponente (un metro e 93) e dal timbro profondo della voce.
Il successo e la fama gli aprono le porte di Hollywood, dove però gli vengono offerti ruoli sempre molto caratterizzati, legati a film di genere, mai da protagonista ma piuttosto da «comprimario di lusso», per sfruttare l’alone di mistero e di inquietudine che sa trasmettere. Così è per il vecchio esorcista Merrin in L’esorcista (1973) o il killer Joubert in I tre giorni del Condor (1975) o, in forme più rassicuranti con il dottor Kynes in Dune (1984) e con il direttore Burgess in Minority Report (2002). Altre prove sono più di routine (Fuga per la vittoria, Mai dire mai) se non addirittura parodiche (Flash Gordon, Conan il barbaro) ma con registi più ambiziosi sa dare prove decisamente notevoli, come con Francesco Rosi (Cadaveri eccellenti), Alberto Lattuada (Cuore di cane), Valerio Zurlini (Il deserto dei tartari), Bertrand Tavernier (La morte in diretta), Woody Allen (Hanna e le sue sorelle) o Wim Wenders (Fino alla fine del mondo).
Due sole nomination agli Oscar: come attore protagonista in Pelle alla conquista del mondo di August (1987) e come non protagonista in Molto forte, incredibilmente vicino di Daldry (2011).