«Il governo parli con gli atti e non con le interviste...»
«Non riesco a essere tanto ottimista sulla conclusione del campionato Elliott ha salvato il Milan, Boban non è una priorità nella mia testa»
La grave emergenza del Paese, il rischio che il campionato non finisca («non sono ottimista»), il delicato momento del Milan con il licenziamento di Boban («che non è una priorità nella mia testa») e un progetto di crescita per i rossoneri che non sarà né facile né immediato. Gli argomenti non mancano e pochi, purtroppo, sono lieti. Il presidente Paolo Scaroni li affronta tutti, con la voglia, però, di guardare avanti: in testa, il progetto del nuovo stadio che può diventare simbolo della rinascita di Milano (e del Milan).
d
La Figc ha delegato la Lega a organizzare la serie A, può anche ritirare la delega, ma poi si deve assumere la responsabilità dell’atto Così anche il Coni Per questo valuto fondamentale il decreto
Presidente Scaroni, in queste ore prevale la gestione, spesso litigiosa, di un’emergenza senza precedenti: il calcio si deve fermare?
«Io non sono un esperto, ma il governo attraverso il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri ha preso delle decisioni riguardo al calcio incentrate sulle porte chiuse. Se le situazioni sono mutate o se bisogna chiarire alcuni aspetti del decreto lo deve fare sempre il governo. Per esempio: se le squadre devono essere autorizzate ad andare in trasferta, oppure se, dopo aver chiuso pub e teatri, vogliono chiudere anche il calcio, ce lo dicano e noi ci adegueremo. Ma secondo me il governo e i ministri parlano per decreti, non per interviste».
Anche Coni e Federazione hanno spinto per lo stop.
«La Figc ha delegato la Lega serie A a organizzare le partite, se dovesse ritirare la delega, sarebbe certamente un suo diritto, ma dovrebbe prendersi le responsabilità conseguenti. Idem il Coni. Ma penso che nel momento in cui in un decreto si parla di calcio, tanto vale che si continui a parlarne attraverso decreti».
Pensa che la politica abbia fatto confusione?
«Il governo sta affrontando una situazione mai vista, quindi prima di dare giudizi negativi ci penso dieci volte, ma, ripeto, i governi in queste situazioni di allarme devono parlare per decreti, per decisioni che restano riservate fino all’ultimo e non girano ore prima».
Che impressione le hanno fatto le partite a porte chiuse?
«Lasciamo perdere quella del Milan, in generale dico che in un momento in cui noi italiani siamo costretti a stare molto più in casa, vedere le partite in tv è un piacere. A tribune vuote sono meno belle, ma io il gol di un campione come Dybala me lo sono goduto, poi certo avrei preferito che lo segnasse il Milan. Togliere il calcio significa ag«ha giungere un’altra privazione. Se necessario lo faremo».
Ma lei pensa che il campionato si concluderà?
«Non sono ottimista, purtroppo: siamo talmente in tanti coinvolti nel calcio che un rischio di contagio c’è, anche se è vero che nessuno è più monitorato dei calciatori. Però ho anche visto che quando si segna, ci si bacia e ci si abbraccia come prima, cosa che dovrebbe essere evitata».
Lei ha sposato le parole del sindaco di Milano Sala e invitato a ripartire con il progetto stadio. Non è intempestivo?
«Occuparci dell’emergenza non ci deve far dimenticare che dobbiamo ripartire, perché sennò a un’emergenza sanitaria seguirà una terribile emergenza economica. Parlare del futuro non è in contraddizione con l’occuparsi del presente. Lo stadio resta un progetto meraviglioso che può davvero marcare la rinascita di Milano. L’appuntamento con il Comune è confermato: mi auguro sia un passaggio importante».
Veniamo al Milan: dopo l’addio di Boban all’orizzonte c’è l’ennesima rivoluzione.
«Come sapete, non sono io che mi occupo della parte sportiva, ma ripercorro un po’ la storia di Elliott. Si è trovato proprietario in una situazione in cui non c’era la liquidità per iscriversi al campionato, ha messo in sicurezza il club, ha assunto un manager di profilo internazionale come Gazidis, ha investito 250 milioni sul mercato, ha lanciato il progetto stadio. Gli sforzi compiuti non sono proporzionati ai risultati, però Elliott ce l’ha messa tutta. Gazidis è un professionista assoluto, ho fiducia che nel tempo la sua attività verrà ricompensata».
Qual è il giudizio su Pioli?
fatto un ottimo lavoro, è riuscito a far cambiare faccia al Milan, considero quello con il Genoa un inciampo transitorio. Bisogna portare pazienza ancora un po’. In questo contesto, tra i problemi del Paese, quelli del calcio e quelli del Milan, la partenza di Boban, che pur mi è simpatico, non è una priorità nella mia testa».
Non servirebbe maggiore stabilità a livello societario?
«Come gli allenatori, i dirigenti sono inamovibili finché tutto va bene».
A questi dirigenti si imputa il fallimento di Giampaolo?
«Dico solo che come gli sforzi della proprietà non sono stati ricompensati, così l’impegno delle persone che lavorano non ha avuto risultati adeguati. È un po’ difficile gettare la croce addosso a Elliott per le scelte tecniche».
d Elliott si è trovato proprietario senza volerlo, non c’erano i soldi per iscriversi alla A, ha messo in sicurezza il club, ingaggiato Gazidis, manager di alto livello, e investito 250 milioni
Paolo Maldini resterà?
«Me lo auguro. Detto tutto questo, da uomo d’azienda, le dico che quando dei dirigenti vogliono fare un’intervista devono concordarla, uno non può alzarsi e esprimersi in libertà, perché acuisce la confusione. Vale anche per me, che sono il presidente: concertare l’immagine della società è necessario».
Gazidis ha contattato un allenatore-manager come Ralf Rangnick: non era meglio concertare anche questo?
«Non conosco Rangnick, se ci sono stati dei contatti, sono molto preliminari. Credo che un conto siano i contatti, che ciascuno è legittimato ad avere, un altro i contratti: le assicuro che ipotesi di contratto io non ne ho viste».
d Gazidis è un professionista assoluto Mi auguro che Maldini resti Rangnick? Un conto sono i contatti, un altro sono i contratti: assicuro che ipotesi di contratto non ne ho viste
In tempi di fair play finanziario Gazidis ha il compito di aumentare i ricavi: i critici dicono non ci sia riuscito.
«Il progetto stadio rientra in questo tema. Poi da un punto di vista dello sforzo organizzativo il Milan sta facendo un grosso lavoro, ma serve tempo. E se non torniamo in Europa è tutto difficile».
Con l’uefa concorderete un settlement agreement?
«Considero la penalizzazione ricevuta una chiusura delle pendenze passate. Ma il Fpf è il nostro faro, va rispettato».
Gazidis vuole ridurre il monte ingaggi e puntare sui giovani: Donnarumma e Ibra possono essere due eccezioni?
«Amo da matti Ibrahimovic e Donnarumma, ma se sono due eccezioni lo decide Gazidis».
La strategia resta quella di ridurre gli ingaggi?
«Non è una strategia, è una necessità».