Il Bollettino
Alle sei della sera arriva il bollettino quotidiano dei sommersi e dei salvati. Un appuntamento fisso a cui appendere il pendolo del nostro umore. Lo conduce un signore pacato, Angelo Borrelli, che a differenza dei suoi predecessori alla Protezione Civile non riesce a diventare personaggio, e mica è detto che sia un male. Nel bollettino latitano le immagini e i nomi. Ci sono soltanto i numeri. 168, quello dei morti. Il pensiero corre subito al numero del giorno prima, per cogliere l’andamento statistico, l’indice, la curva che possa rivelarci un peggioramento o un’inversione di tendenza. E quasi non si fa più caso alla potenza inaudita di quelle tre sole cifre: 168 vittime. In un giorno. L’attentato del camion di Nizza, che ci terrorizzò per un’intera estate, ne aveva mietute la metà.
Se il bollettino è un termometro, la medicina (amara) restano le storie. Trapelano dai profili social di medici, infermieri e parenti. Ci interessano soprattutto quelle che parlano alle nostre paure, e la paura più grande non è di ammalarsi, ma di ammalarsi e non trovare posto sulla scialuppa della terapia intensiva. Perciò ieri era così condiviso il racconto di Orietta, la signora di Crema che ha visto il padre ottantenne scomparire in barella dietro una porta, nell’attesa vana che si liberasse uno strapuntino, e lo ha rivisto poche ore dopo, adagiato dentro una bara. Per il bollettino è uno dei 168 sommersi. Ma per chi legge la sua storia, uno dei tanti che non è stato possibile salvare.