Conte disponibile al sì: datemi una lista dettagliata Può valere per tutta Italia
Tensione con le opposizioni sulla linea più dura Il governo vuole garantire i servizi essenziali Oggi sul bilancio il premier spera nel voto unanime
Assediato dalle opposizioni che chiedono il pugno di ferro, dalla Lombardia che implora di diventare zona rossa e da una parte del Pd, Giuseppe Conte lavora a un nuovo decreto. Potrebbe essere pronto già oggi e consentirà alle Regioni di decidere ulteriori chiusure, restando però all’interno di una cornice nazionale. Al presidente leghista della Lombardia, Attilio Fontana, che vuole abbassare le saracinesche dei negozi e chiudere gran parte degli uffici, il premier ha chiesto di avere il piano nel dettaglio: «Ragioniamo insieme, purché non si fermino la produzione e i servizi essenziali». Dalle farmacie al settore alimentare, dall’energia elettrica all’informazione.
La direzione è questa, permettere alle Regioni di emanare ordinanze restrittive in accordo con il governo. A sera il vicesegretario Andrea Orlando schiera il Pd al fianco delle Regioni che, nel quadro nazionale, agiscono «per implementare le misure». Come farà Stefano Bonaccini in Emilia-romagna, sospendendo bar e ristoranti nel weekend e chiudendo i mercati, salvo i banchi alimentari.
Il Pd, ufficialmente, sposa la linea cauta di Conte. Ma i parlamentari dem del Nord, Maurizio Martina e Alessia Rotta, sono per chiudere tutto (o quasi) e l’assessore lombardo Davide Caparini assicura che il Lazio di Zingaretti, Trentino-alto Adige, Friulivenezia Giulia e Abruzzo, sosterrebbero la linea dura. Lo conferma il vicepresidente della Regione, Daniele Leodori: «Si a misure più drastiche, purché non siano a macchia di leopardo».
L’apertura matura nel giorno delle tensioni con il centrodestra. A Palazzo Chigi salgono Salvini, Meloni, Tajani e Lupi (Noi con l’italia). Il vertice si svolge in un clima rispettoso, che fa sperare in un voto unanime oggi sullo scostamento di bilancio. Nel merito la distanza è lunare, eppure Conte e i suoi ospiti si danno del tu, sul tavolo ci sono i caffé, l’amuchina e le proposte di Lega, FDI e FI: estendere la zona rossa al Paese intero, stanziare almeno 15 miliardi e nominare un commissario straordinario. «Serve una figura abituata a gestire scenari estremi», sostiene Giorgia Meloni. Antonio Tajani rilancia Guido Bertolaso. Conte frena («Non nominerò una bandiera») e Meloni lo provoca: «Non vuoi uno che ti faccia ombra?». Salvini esce dal vertice «preoccupato». Perché la delegazione ha chiesto «scelte forti e drastiche» modello Cina e la risposta di Conte, Gualteri, D’incà e Fraccaro «è stata no». In realtà Conte farà sapere di non aver «escluso affatto la possibilità di adottare misure più restrittive, ove necessarie». Il premier vuole tenere conto «di tutti i fondamentali interessi in gioco». Confindustria è contraria. E poi Conte, che lunedì si è confrontato con la ministra dell’interno Luciana Lamorgese, teme le rivolte sociali. Ha paura che misure penalizzanti possano innescare problemi di ordine pubblico.
Cgil, Cisl e Uil sono per una frenata alla produzione. Anche Luca Zaia (Veneto) si va convincendo che «un isolamento fiduciario fatto bene» sia la soluzione. Enrico Rossi (Toscana) ci starebbe. E Tajani consegna a Conte l’allarme, oltre che del Piemonte, dei presidenti di Calabria, Basilicata e Molise: «Se il virus aggredisce il Sud, non reggiamo».