LE DIVERGENZE SULL’EPIDEMIA COMPLICANO IL COMPROMESSO
L a rassicurazione del commissario Paolo Gentiloni sulla solidarietà europea nei confronti dell’italia non va lasciata cadere. In questa fase di emergenza e di confusione, la sponda delle istituzioni di Bruxelles è essenziale. Anzi, c’è da sperare che lo sia ancora di più, con un vero coordinamento a livello continentale delle regole per contrastare l’epidemia di coronavirus: un elemento finora mancato. Anche il colloquio avuto ieri dal premier Giuseppe Conte con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sulle misure aggiuntive da concedere al nostro Paese, dovrebbe produrre risultati. Il problema, semmai, rimbalza sul piano interno. I tentativi di ritrovare una coesione che vada oltre i confini della maggioranza continuano a dimostrarsi faticosi. L’incontro di ieri a Palazzo Chigi tra Conte e i capi delle opposizioni ha fornito indicazioni contrastanti. In teoria, la disponibilità al dialogo è esplicita: da parte di Lega, FDI e FI, e da parte dello stesso governo. Nei fatti, però, alla fine è stata contraddetta da dichiarazioni che tendono a confermare le divergenze e una visione diversa dell’epidemia. Il tentativo di tenere l’italia unita stenta a decollare. C’è da chiedersi se dipenda da una concentrazione eccessiva del potere nelle mani del governo, che finisce per ridurre il ruolo della Protezione civile e sovraespone il premier come gestore dell’emergenza; o se nel leader leghista Matteo Salvini, in quella di FDI, Giorgia Meloni, e tra i berlusconiani spunti a intermittenza la strategia del «noi l’avevamo detto». Hanno avanzato misure più drastiche in Lombardia e Veneto, preparandosi a imputare a Palazzo Chigi il «no» se la situazione peggiorasse. Per Salvini e Meloni l’«emergenza è sottovalutata». Sono incomprensioni parallele da chiarire rapidamente. Lasciarle in sospeso da parte dell’esecutivo e dei suoi interlocutori, significherebbe presentare al Paese una risposta istituzionale indebolita; e creare le premesse di una frattura pericolosa, qualora nei prossimi giorni aumentassero i contagiati. Rimane sullo sfondo l’assalto ai treni alla stazione centrale di Milano, poco prima che scattasse la «zona rossa» in Lombardia: un esodo irresponsabile dettato dalla paura, che fa temere una diffusione del contagio in aree dove finora era contenuto. L’ipotesi di una chiusura totale dell’italia non va esclusa, precisa Conte per venire incontro alla destra e alle pressioni di sindacati e Pd del Nord, e di molti medici. Ma questo proietta un’ombra di incompiutezza sui decreti del governo. Rimane in sospeso anche la nomina di un «commissario al coronavirus». L’insistenza delle opposizioni sull’ex della Protezione civile, Guido Bertolaso, è un’indicazione e insieme un ostacolo di fronte a una nomina diversa. Ma qualunque decisione stia maturando, forse sarebbe bene formalizzarla senza ritardi.
Il segnale
Le incomprensioni parallele tra Palazzo Chigi e le opposizioni rischiano di indebolire il Paese di fronte al coronavirus