«Una centrale Ue per il materiale sanitario»
Le richieste di Conte a Bruxelles: coinvolgere la Bce e un piano di investimenti per spingere la ripresa «Vanno adottati tutti gli strumenti necessari»
Parafrasando il «whatever it takes» di Mario Draghi, ai tempi della crisi finanziaria, ieri Giuseppe Conte ha concluso il suo discorso in videoconferenza con i capi di Stato e di governo europei dicendo che è arrivato il tempo per l’ue di fare «whatever is necessary».
E nel novero delle priorità per l’italia, ma giocoforza anche per alcuni degli altri Stati membri, «esiste un problema di liquidità e di cassa», ha ammesso il capo del governo italiano, chiedendo in modo formale che nella crisi venga coinvolta la Banca centrale europea, che Francoforte si faccia carico di un’immissione di liquidità nel sistema che
Il commissario
Il premier scettico sulla necessità di una figura che centralizzi tutte le decisioni
per ora ha un disperato bisogno di risorse fresche e immediatamente disponibili.
E tutto ciò indipendente dallo sforamento di bilancio che oggi il Parlamento italiano si predispone ad adottare, uno sforamento che potrebbe anche raddoppiare rispetto ai 7,5 miliardi di euro inizialmente annunciati sia dal ministro dell’economia che dal presidente del Consiglio. Ma che comunque darebbe al governo sulla carta la possibilità di spendere dei soldi, ma non di fatto, se i miliardi non sono disponibili in cassa.
Conte ha poi chiesto ai partner della Ue: 1) un’armonizzazione del trattamento delle persone affette dal virus, in tutti gli Stati membri; 2) una centrale europea unica di distribuzione e offerta di materiale e apparecchiature mediche nelle aree che ne hanno più bisogno, soprattutto di macchinari per la terapia intensiva e di respirazione. Questo anche perché la Protezione civile sta incontrando difficoltà nel reperimento di alcuni ordini e alcuni Paesi si rifiutano di vendere all’italia, al momento, pensando di avere loro bisogno di attrezzature sanitarie nelle prossime settimane; 3) per questo motivo Conte ha chiesto che vengano tolte ogni tipo di restrizioni all’esportazione di materiali sanitari fra gli Stati membri della Ue; 4) la ricerca dovrebbe essere in qualche modo centralizzata e coordinata a livello europeo, sia per il versante delle terapie sia per la produzione di un vaccino.
E se questo è il fronte sanitario delle richieste che l’italia avanza alla Ue, e sul quale ha ricevuto ampie rassicurazioni sia presidente della Commissione che da quello del Consiglio europeo, c’è poi il versante finanziario: e qui non c’è solo la richiesta di coinvolgere la Bce, la politica monetaria, i flussi di liquidità ma anche di attivare un significativo passo avanti nel programmare un piano di investimenti europei per aiutare quella ripresa possibile e necessaria alla fine dell’emergenza, quando saremo fuori dalla crisi epidemica.
Detto questo sul fronte interno, anche dopo il dialogo con le opposizioni, Conte è al momento molto scettico sulla possibilità di adottare ulteriori e più restrittive misure, così come su quella di nominare un supercommissario che centralizzi tutte le decisioni. E nel primo caso anche per ragioni pratiche, che si ricollegano alla crisi di liquidità attuale: solo le due piccole e prime zone rosse, e cioè Vo’ Euganeo e Codogno, costeranno allo Stato un miliardo di euro per fronteggiare le necessità di ristoro economico delle aziende, delle attività economiche e per tutte le altre perdite subite dai cittadini.
Insomma alla fine il problema finanziario, quello di proteggere il più possibile il tessuto produttivo italiano, pesa in modo non indifferente nel contemperare le decisioni del governo, nel soppesare le priorità fra il diritto alla salute e alla prevenzione e i rischi di uno choc sistemico del sistema economico dal quale difficilmente il Paese riuscirebbe a riprendersi in fretta. Chiudere totalmente la Lombardia e il Veneto, come pure si discute, potrebbe avere anche ripercussioni di «rivolta sociale», ha aggiunto ieri Conte mostrandosi dubbioso su ulteriori misure.