Corriere della Sera

Entrate in calo e meno produzione Le prime serrate delle imprese

Da Armani che chiude hotel e negozi all’alfa Acciai di Brescia. Accordo Confindust­ria-lombardia: aperture solo con il rigido rispetto di divieti e regole sanitarie

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della Lombardia —. Bloccare certe aziende vuole dire paralizzar­e intere filiere, anche in territori dove l’emergenza è minore. Chi riesce a rispettare i provvedime­nti a tutela della salute deve andare avanti. Stiamo studiando un codice di autodiscip­lina ancora più rigoroso di quello imposto per decreto». Sulla stessa linea il presidente di Confindust­ria Emilia Romagna, Pietro Ferrari: «Siamo consapevol­i dell’emergenza ma c’è l’assoluta necessità di tenere acceso il motore del Paese». «Non dobbiamo scegliere tra industria e salute, dobbiamo salvaguard­are entrambe», aggiunge Enrico Carraro, presidente di Confindust­ria Veneto —. Siamo pronti ad adottare regole più stringenti di quelle fissate dai decreti. Vediamo con esperti in materia sanitaria che cosa fare. Pagheremo di tasca nostra, ma non fermate il motore manifattur­iero dell’economia». Anche tra gli imprendito­ri in realtà c’è chi la pensa diversamen­te. Come Urbano Cairo, il presidente di Rcs Mediagroup,

casa editrice del Corriere, che ieri a Otto e mezzo su La7 auspicava lo stop delle attività non essenziali per 15 giorni per fermare il virus. E anche tra le fabbriche c’è chi getta la spugna. Come la Alfa Acciai di Brescia che ieri ha fermato la produzione.

Cgil, Cisl e Uil sembrano allineati con Confindust­ria sulla necessità di cercare una terza via che metta insieme tutela della salute e del lavoro. Questo traspare da una lettera che ieri i segretari generali hanno inviato ai presidenti

Fabbriche Confindust­ria e Cgil, Cisl, Uil contrari all‘obbligo di fermare tutte le fabbriche

delle associazio­ni delle imprese oltre che al premier Conte. «Pensiamo sia il momento di concordare una riduzione modulata della attività lavorativa manifattur­iera e dei servizi, utilizzand­o gli ammortizza­tori sociali», scrivono Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. Quello che la missiva non racconta è la tensione nelle fabbriche delle aree più colpite, mano a mano che il collega del reparto a fianco si scopre contagiato. «Ma la dura realtà è anche un’altra — dice l’imprenditr­ice emiliana Sonia Bonfigliol­i, 3.700 dipendenti e poco meno di un miliardo di fatturato nel settore metalmecca­nico —. Se chiudesser­o oggi, molte piccole aziende del nostro territorio non riaprirebb­ero più».

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